Certo, si sarebbe aspettato una trovata più originale di quella scatola di caramelle, lasciata sopra il suo scrittoio, senza un biglietto.
“Davvero lo vuoi? Tu vuoi
che muoia?”
Emily restò con gli occhi
fissi sui libri dello scaffale, senza dare uno sguardo alla scatola di caramelle,
aperta e piena dei colori di stagnola luccicante“Capiterà comunque. Succederà molto presto. Sono vecchio, ma vuoi comunque essere tu a uccidermi. A tal punto ti senti ferita, da una vecchia storia che ti ho voluto raccontare, dopo tanti anni. Il tuo orgoglio ti avvelena così tanto da volermi rendere il dolore che ti ho dato, tutto in una volta.”
Lei rimase ancora in silenzio.
“Ebbene, Camilla. Io non morirò. Non a causa tua, o del tuo veleno. E non lo farò perché io ancora ti amo. Non mangerò nessuna di queste caramelle. Non ti lascerò sola col senso di colpa, sola con il dolore, sola con le immagini di morte e di tradimento ad avvolgere i tuoi occhi. Dovrai trovare un altro modo per lenire la tua rabbia”.
Emily scoppiò a piangere, e finalmente trovò il coraggio di guardarlo.
“Mangia quelle caramelle. Mangiale, per l’amor di Dio!” gridò, piangendo.
“No! Non sarai tu a
uccidermi! Non lascerò che tu …” Ma Robert non finì la frase. Cadde al suolo, lanciando
un singulto strozzato.
Emily continuò a piangere
forte, restando immobile, in piedi davanti allo scrittoio. “L’antidoto” disse
poi piano, recuperando il fiato e smettendo finalmente di singhiozzare. “Le
caramelle erano l’antidoto” disse rivolta al cadavere di Robert, mentre china
su di lui rimetteva in ordine la camicia dell’uomo, pulendogli la bocca,
pettinandogli i capelli bianchi, poggiando le dita sotto gli zigomi, fino a
chiudergli gli occhi, per restituire al suo volto un po’ di ordine e di quiete.
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