martedì 6 marzo 2018

GIANNA E LE SUE SORELLE di Francesco Mancini

Era luglio. Nonostante il caldo bestiale ero in giro in cerca di caramelle. Incontrai Gianna e le sue sorelle. Erano buone. Erano belle. Io ero sudato come un verme ma loro no. Sembravano uscite da una pasticceria. Come caramelle, intendo. Tanto che desideravo scartarle. -Ciao come stai, cavo- disse Gianna. Le altre due sorelle, Maura e Valentina, non dicevano mai niente. Gianna voleva dire “caro” ma gli uscì “cavo” perché aveva l'erre moscia. Molto moscia. -Bene, cava- mi uscì di rimando. Un lapsus. Volevo dire “cara” ma mi uscì “cava”. Non lo feci apposta, erano i neuroni specchio. Gianna mi guardò malissimo, come se avessi voluto prenderla in giro. Anche Maura e Valentina mi guardarono malissimo. -Ho detto “cava” perché mio nonno lavorava in una cava di diamanti a Katmandu- mentii malamente per rimediare, non avendo appurato neppure se a Katmandu ci fossero o ci fossero state effettivamente cave di diamanti -non so perché, sarà il caldo, mi è venuto in mente mio nonno. Sorridevo come un cretino. Il loro sguardo si addolcì, ma poco. -Che fate in giro con questo caldo? Gianna mi guardò con l'erre moscia negli occhi, poi disse: -Non si sa come, ci eva venuta voglia di cavamelle... -Incredibile! Io sono in giro per lo stesso motivo!- esultai fuori misura. Gianna, Maura e Valentia mi guardarono ancora con scarsissima fiducia. -Incredibile, no? Potremmo cercare le caramelle insieme, che ne dite? Loro mi guardarono addirittura male. -Naturalmente, offro io- precisai -tutte le caramelle che volete. Si addolcirono. Si guardarono. -Bé... se pvopvio offvi...- acconsentì Gianna, poi tirò fuori un ventaglio e cominciò a sventolarsi. Maura e Valentina fecero lo stesso. Io non avevo una mazza con cui sventolarmi, però, sebbene grondante di sudore, mi offrii di far loro strada: -conosco una fantastica caramelleria! Seguitemi! Partii con il braccio teso come se dovessi prendere la Bastiglia. Le hidalghe, languide e lente, presero a seguirmi. Non fu un grande viaggio: la caramelleria era all'altro capo della strada. Però il mio impeto volitivo fu notato, ne sono sicuro. La caramelleria aveva una vetrina grandissima, le caramelle erano distese a migliaia dietro alla vetrina, luccicavano come gioielli. Rosse, verdi, rosa, praline, mou, glassate, con cioccolato, caffé, pistaccho, crema di latte. Dalla vetrina intravvidi i lavoranti della caramelleria nel laboratorio detro al bancone: probabilmente avevano lasciato la porta aperta per il caldo. I lavoranti, due uomini e due donne, erano completamente nudi e immersi fino alle cosce nella pasta per le caramelle. Ebbri per il caldo, avevano lasciato la fabbricazione delle caramelle ed erano impegnati in una specie di lotta nel fango, con al posto del fango la pasta per le caramelle. Quella visione lisergica colpì molto me e Gianna e le sue sorelle. Dopo pochi secondi infatti eravamo tutti e quattro attaccati alla vetrina come gechi e intenti a succhiarla. Gianna si staccò un momento dal vetro, mi guardò, torbida, mi disse:- adovo le cavamelle.... Io stavo per avvicinarmi a lei e scartarla (avrei scartato Gianna e le sue sorelle su due piedi in mezzo alla strada) quando un vigile ci sorprese alle spalle e multò tutti e quattro per libido molesta.

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