Era luglio. Nonostante il caldo bestiale ero
in giro in cerca di caramelle. Incontrai Gianna e le sue sorelle. Erano buone.
Erano belle. Io ero sudato come un verme ma loro no. Sembravano uscite da una
pasticceria. Come caramelle, intendo. Tanto che desideravo scartarle. -Ciao
come stai, cavo- disse Gianna. Le altre due sorelle, Maura e Valentina, non
dicevano mai niente. Gianna voleva dire “caro” ma gli uscì “cavo” perché aveva
l'erre moscia. Molto moscia. -Bene, cava- mi uscì di rimando. Un lapsus. Volevo
dire “cara” ma mi uscì “cava”. Non lo feci apposta, erano i neuroni specchio.
Gianna mi guardò malissimo, come se avessi voluto prenderla in giro. Anche
Maura e Valentina mi guardarono malissimo. -Ho detto “cava” perché mio nonno
lavorava in una cava di diamanti a Katmandu- mentii malamente per rimediare,
non avendo appurato neppure se a Katmandu ci fossero o ci fossero state
effettivamente cave di diamanti -non so perché, sarà il caldo, mi è venuto in
mente mio nonno. Sorridevo come un cretino. Il loro sguardo si addolcì, ma
poco. -Che fate in giro con questo caldo? Gianna mi guardò con l'erre moscia
negli occhi, poi disse: -Non si sa come, ci eva venuta voglia di cavamelle...
-Incredibile! Io sono in giro per lo stesso motivo!- esultai fuori misura. Gianna,
Maura e Valentia mi guardarono ancora con scarsissima fiducia. -Incredibile,
no? Potremmo cercare le caramelle insieme, che ne dite? Loro mi guardarono
addirittura male. -Naturalmente, offro io- precisai -tutte le caramelle che
volete. Si addolcirono. Si guardarono. -Bé... se pvopvio offvi...- acconsentì
Gianna, poi tirò fuori un ventaglio e cominciò a sventolarsi. Maura e Valentina
fecero lo stesso. Io non avevo una mazza con cui sventolarmi, però, sebbene
grondante di sudore, mi offrii di far loro strada: -conosco una fantastica
caramelleria! Seguitemi! Partii con il braccio teso come se dovessi prendere la
Bastiglia. Le hidalghe, languide e lente, presero a seguirmi. Non fu un grande
viaggio: la caramelleria era all'altro capo della strada. Però il mio impeto
volitivo fu notato, ne sono sicuro. La caramelleria aveva una vetrina
grandissima, le caramelle erano distese a migliaia dietro alla vetrina,
luccicavano come gioielli. Rosse, verdi, rosa, praline, mou, glassate, con
cioccolato, caffé, pistaccho, crema di latte. Dalla vetrina intravvidi i
lavoranti della caramelleria nel laboratorio detro al bancone: probabilmente
avevano lasciato la porta aperta per il caldo. I lavoranti, due uomini e due
donne, erano completamente nudi e immersi fino alle cosce nella pasta per le
caramelle. Ebbri per il caldo, avevano lasciato la fabbricazione delle
caramelle ed erano impegnati in una specie di lotta nel fango, con al posto del
fango la pasta per le caramelle. Quella visione lisergica colpì molto me e
Gianna e le sue sorelle. Dopo pochi secondi infatti eravamo tutti e quattro
attaccati alla vetrina come gechi e intenti a succhiarla. Gianna si staccò un
momento dal vetro, mi guardò, torbida, mi disse:- adovo le cavamelle.... Io
stavo per avvicinarmi a lei e scartarla (avrei scartato Gianna e le sue sorelle
su due piedi in mezzo alla strada) quando un vigile ci sorprese alle spalle e
multò tutti e quattro per libido molesta.
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