Bonfiglia
si trovò a 10 anni a essere la capofamiglia. Il padre, come in un romanzo di
fine ottocento (in effetti era il 1915) aveva perso la piccola fortuna di
famiglia bevendo, giocando a carte e firmando cambiali mentre era sbronzo. Così
la famiglia, da sempre invidiata per la sua ricchezza, una volta caduta in
disgrazia fu costretta pochi anni dopo ad allontanarsi da Tobbiana, un paesino
sulle montagne pistoiesi e muoversi verso Prato. Bonfiglia vide anche il suo
fidanzamento, deciso in casa quando era molto piccola, rompersi prima ancora di
aver consumato qualche bacio alle feste di paese e qualche sorriso imbarazzato
in strada, dove scendeva per convincere i bottegai a fare credito a una
famiglia condotta da una bambina. Insomma, si trasferì a Prato con i fratelli e
le sorelle, dove imparò il mestiere di sarta. Andò perfino a Firenze, grazie a
una vecchia amicizia della madre, a perfezionare la sua arte. A 20 anni
Bonfiglia lavorava in fabbrica, era snella e carina, ma con una brutta storia
alle spalle di un fidanzamento finito male, e si sa che all’epoca una ragazza
abbandonata era già vecchia. A Bonfiglia non rimaneva che il piccolo ricordo di
una storia finita prima del tempo.
Bonfiglia
si accontentò di Silvano, un uomo di bell’aspetto ma incredibilmente stupido e
violento, e non fu un matrimonio felice, nonostante la nascita di due figli:
Umberto e Grazia. Il primo era un fannullone, troppo simile al padre, ma la
secondogenita aveva occhi aperti e attenti, e un sorriso che la illuminava.
Bonfiglia vegliava su di lei e sui tanti sguardi che la cercavano, una volta
divenuta ragazza e poi donna.
Ed
eccoci al 1960, fine di questa piccola storia. Bonfiglia è invecchiata prima
del tempo, i suoi capelli sono grigi, i maltrattamenti e i tradimenti del suo
stupido marito sono continuati negli anni. Grazia invece è fidanzata con un
ragazzo lombardo che vive a Firenze, bello e riservato. Come ogni mattina, Grazia
ha preso l’autobus che la porta a studiare a Firenze, e un tizio poco gentile le
offre la sua compagnia, andandosi a sedere sulla poltrona davanti alla sua. Lei
continua a guardare dritto fuori dal finestrino, ma lui non la smette, continua
a dirle cose sempre più sconce e maleducate. E’ quando Grazia grida di
smetterla che l’autobus inchioda all’improvviso, e il guidatore si fa incontro,
con faccia arrabbiata. Afferra il tizio poco cortese per le spalle e lo
scaraventa fuori dalla corriera. Poi, senza dire una parola, lancia un’occhiata
gentile alla ragazza, e torna al suo posto di guida. E la corriera riparte.
Grazia
è ancora sottosopra e non vede l’ora di arrivare a Firenze. Non conosce
quell’uomo che è intervenuto per lei. Eppure ricorda di aver visto il suo
volto, in una piccola foto dentro a un cassetto che la mamma Bonfiglia
custodisce come si fa con un ricordo speciale e segreto.
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