sabato 5 agosto 2017

LA SOLITUDINE DEL MARATONETA Un piccolo racconto estivo di Narciso Fenice Ramparti


Caldo. Caldissimo. Da impazzire. Il migliore dei programmi agostani in città non può che venir compromesso da questa strangolante afa. L'aria solida. Il sole che ti arriccia la pelle.

Io, ad esempio, con questi quaranta gradi all'ombra non riesco neanche a camminare e respirare allo stesso tempo. Ma per fortuna non sono io il protagonista di questa epica aristeia, bensì il prode Matte, figlio di Ginca, della nobile e secolare stirpe dei Corsi.

Certamente un personaggio più omerico di me, che sono un antieroe post-moderno.

Qualcuno, nella confusione del centro Snai, potrebbe obiettare: 'E cosa avrebbe di così omerico questo Matte? No, perché se vogliamo fare i ganzini cogli archetipi classici, almeno non entriamo fin da subito in conflitto colla lezione di Milman-Parry...'. E avrebbe anche ragione, ma come voi pure m'insegnate l'epica omerica si autodetermina da sola, almeno dal punto di vista più propriamente letterario. Conterà per voi il fatto che i nuclei narrativi discendessero dalla tradizione orale, io stavo parlando di codificazione epos-grafica. Dell'inizio della civiltà della scrittura alfabetica. Queste ultime sette righe potremmo anche toglierle.

Insomma, certe imprese le compiono solo persone molto particolari; quand'ero venti  anche io venivo annoverato fra questi, di cui ora mi ergo a umile cantore.

Il primo giorno di un nuovo lavoro all'Autogrill di Monculi attende Matte all'alba di un torrido lunedì. Il giovane vitello – agile e temprato, ficcantino ma con gusto se pur talora riottoso, ora gioviale ora altero – sa bene che potrebbe ambire a più degne mansioni, ma ha voluto mettersi in gioco. Sopratutto doveva rapidamente tirar su qualche lira. È nel suo stile lavorare in agosto o a capodanno, in piena controtendenza e quando pagano di più.

E così eccolo, per il vostro divertimento, impacchettato in una divisa e costretto a servire una feroce e cinica clientela. Non che questo lo spaventi o sminuisca in alcunché. Ma è costretto, con mio sadico compiacimento narratoriale, a prestare il suo servigio per ottenere il premio che gli permetterà di conseguire la gloria e dunque infilzare la sua amata.

Dicevamo: per il primo giorno deve presentarsi alle sei.

Da Careggi – dove è attualmente ospitalizzato, no scherzo, dove abita da sempre – ci vuole mezzoretta colla macchina, a andare proprio sparati.

Bene, easy.

Prescindendo dalla cronaca della sera prima, quel lunedì mattina Matte viene svegliato dalla fastidiosa suoneria del suo telefono. Sono le teste di cuoio dell'Autogrill, che gli sclerano perché non si è presentato. Già. Sono le 7:30.

È un mortificante turbinìo di sbigottimento quello che lo assale, mentre invoca disperato le energie necessarie per entrare in palla.

In otto secondi ha già compiutamente realizzato ('Skizzare!'). Sono indeciso se citare Villaggio ('che può così espletare nei tempi di valore europeo...') o Vasco ('mi metto le scarpe e sono già in strada'), anzi mi sottraggo al cliché della preparazione veloce.

Arriva, grazie alla sua consueta rapidità, poco dopo le otto.

Che inizio, raga: quel che si dice partire col piede giusto.

E invece era solo la premessa.

Soprassediamo sulle otto ore di servizio (ovviamente con equo posticipo dell'ora di uscita), dacché Matte per quanto riguarda fare le cose, le sa fare. A livello empirico, proprio. È un fattore facente. Quindi riesce pure, come usuale, a impressionare in positivo per la sua sorprendente abilità e quel pizzico di fortuna sfacciata che lo contraddistinguono. Peccato che, nel fare, non si risparmi uscite ora disubicate ora sottilmente disturbanti all'indirizzo di incauti ammonitori. Dopo una rissa sfiorata col direttore del personale, lo mettono al lavoro e tutto ok.

Nel pomeriggio, scrollando la home di Facebook, sbatto su una foto postata da Gianni Morandi con Matte che gli serve il caffé (o quel che era): si era fermato lì.

Nel post: ringraziamento e saluto per nome ('un grande piacere quel caffé, etcetc') con pubblico invito per il concerto di Firenze a scrocco. Le storie.

Nella tradizione teatrale greca, questa si chiama 'espansione tragica', ovvero il momento di “misleading euphoria”, scusate, di deragliante esaltazione prima dell'inaspettato.

E qui spesso si racchiudono le ragioni dei destini infelici degli uomini.

Finito il turno, il nostro idolo ('Morandi?') tipo non trova o gli si rompono le chiavi dell'auto, non ricordo bene. Se in queste ore mi avesse risposto al telefono vi avrei detto meglio.

Potete comunque ancora scorgerlo, nel mezzo della piazzola delle pompe di benzina, sotto il sole a picco, di fronte alla sua Panda beige

Sono le quattro del pomeriggio: signori, mettetevi comodi.

Accertata l'impossibilità di usare la macchina, decide di lasciarla lì e cercare un modo di tornare a casa. Gli piace uscire senza un soldo. Gli bastano il suo cuore e la sua fida automobile. Ma ora è a piedi. Ovviamente senza credito sul cellulare.

No treni, no bus... metteteci quel retaggio alpinistico da instancabile battitore di sentieri, ed ecco che Matte, ancor prima che possiate decidere fra goal e nogoal, è già in marcia.

Sulla provinciale l'asfalto ribolle fra i riverberi del battistrada che distorcono i contorni della vista. L'aria è irrespirabile e insostenibile sull'imperiosa arteria non pedonalizzata, che questo incredibile ragazzo aggredisce comunque a falcate, tenendosi sulla destra. Un cartello con su scritto FIRENZE è il suo migliore amico:  'bene, trentotto chilometri e sono a casa'.

Ora, sembra una favola, ma lungo la strada abitano in cinque diverse case fra loro equidistanti, i cinque fratelli di Matte. Che gli vogliono pure bene. Nondimeno, lui non chiederà né un passaggio, né un euro né un bicchier d'acqua: a costo di morire di sete autogestirà questo contrattempo con egoico ed eroico sforzo plantare.

Quello che poteva volerci era una chiamata entrante, e cioé io. Il solo sfigato senza macchina che, fra tutti, avrebbe potuto contattarlo. Lui ci prova lo stesso: 'non è che potresti venirmi a prendere?'; con sconcerto lo riporto alla realtà.

Azzarda poi altre soluzioni impraticabili: 'Chiedi a questo o a questo se può venirmi a prendere!', ma sono i primi di uno squagliante agosto e i nostri contatti disponibili sono principalmente disabili, anziani, spacciatori e detenuti (questi ultimi intercambiabili). Comunque tutta gente con problemi almeno quanto noi e soprattutto priva di mezzo.

Niente, bello, te la fai a piedi pur sapendo che se io avessi potuto fare qualcosa non sarei qui, ora, a cantare la tua impresa.

Lo richiamo un paio d'ore dopo: ha sete, non ha acqua ed è allarmato perché la batteria del telefono si sta scaricando e teme di perdere ogni possibilità per risparmiarsi una marcia oggettivamente infinita.

Mi trovo nuovamente costretto ad abbandonarlo ai suoi tormenti.

 

'Mal'apat su Personarzu arrubiu, e s'ora s'indandara, mal'apat.

Chini mali si croccada, peusu si‘ndi pesada.

Oi est una di' soliana. Oye est una die galana.

Su tesauru, oye puddu, s’ammuntadore l’agatten abbuvuddu.           

 

Sono passate da poco le 21 quando i brigadieri Scifone e Santamadonna, in ricognizione sulla statale 67, intercettano Matte ormai praticamente a metà strada, nei pressi di Pontassieve.

Alla richiesta di documenti, ricevono dallo strano e illecito pedone una risentita apostrofe: 'Tutto in regola, ragazzi. Sono fiorentino! Andate a rompere i coglioni a qualche terrone o a qualche rumeno! Io torno a casa da solo, a meno che non vogliate accompagnarmi voi'.

Bastano pochi secondi ai due sbigottiti ma esperti militari pugliesi per decidere di lasciar correre con benevolenza.

'Lei comunque non dovrebbe camminare su questa carreggiata, buonasera'.

Ormai irraggiungibile telefonicamente e fuori da ogni radar, l'uomo va sulla strada.

Vai, Matte, vai,

Op, op, op.

Op, op, op.

Alle 3 del mattino arriva davanti al portone di casa.

Alle 6 deve essere di nuovo all'Autogrill.

E non ha mezzo.

 

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