sabato 5 agosto 2017

BONUS CULTURA di Francesco Barilli


Brighton, ore 21.25

L’appartamento monocamera dei Porter in una grande città dell’Inghilterra centrale. Una camera abbastanza ampia ricavata da una soffitta di una grande casa vittoriana. I mobili sono in gran parte modesti e piuttosto vecchi.

“Quindi sei sicuro?”

“Ma certo. Lo facciamo. Lo stesso.” Fa un cenno con la testa a Ed, che si dilegua, cercando di non fare rumore. Un accorgimento apprezzabile. Anche se non esattamente utile. Non stasera.

Sipario.

Jimmy e Cliff sono seduti su due ampie poltrone di cuoio assai malconce. Stanno leggendo.
Jimmy è un giovane alto e magro di circa venticinque anni . A molti può sembrare sensibile al punto da essere volgare, ad altri semplicemente uno che parla troppo. Cliff ha la stessa età, è basso, bruno, di ossatura forte; è un tipo tranquillo e disteso, quasi al punto di apparire letargico, con un’intelligenza naturale, ma non brillante.

Dopo un po’, Jimmy butta via il giornale.

Jimmy: Io mi domando perché passo così tutte le domeniche. Persino le recensioni dei libri sembrano le stesse della settimana scorsa. I libri cambiano, le recensioni no. Hai finito di leggere quello ?

Cliff: Non ancora

Jimmy: Io ho letto tre colonne intere sul Romanzo Inglese. Anche a te i giornali della domenica fanno questo effetto, che ti senti ignorante ?

Cliff: Per niente

Jimmy: Bé, tu sei ignorante. Sei un contadino. (Ad Alison) E tu, mogliettina ?

Lei non è dove dovrebbe essere.

Alison? Si volta. Lei appare, da dietro le quinte. Non ha il costume di scena. Non è Alison. E’ semplicemente Elena.

Cliff vorrebbe fulminarla con gli occhi. Potrebbe farlo, se fosse Alison. Ma è Elena. La sua Elena.

“Elena, pensavo fossimo tutti d’accordo.”

“E’ che non capisco. Mi sento  ….”

“Si tratta di rispetto. Tutto qui. Rispetto. Per noi. Per chi ha scritto questa roba. Per Ed, che sta lavorando. Stiamo tutti lavorando.”

Ma Alison non viene fuori. Elena in compenso, si accende una sigaretta. In scena.

“Elena, ti prego” Ma sente che le forze gli stanno venendo meno. Si volta verso Jimmy. Non c’è. C’è solo Rob, in silenzio.  Cliff a quel punto si rimette a sedere. Anche Cliff se n’è andato. C’è solo Max.

Max, Elena, Rob. Al centro di un palcoscenico, al minuto quattro di Ricorda con Rabbia, di John Osborne, tre atti, scritto nel 1956. Davanti a loro, la platea vuota. 566 posti a sedere, paganti, nessuno. Il disperato tentativo di Max di andare in scena lo stesso, di dare dignità alle otto settimane di prove pagate è naufragato. Paganti, nessuno.

Almeno hanno i buoni per il bar.

 

York, ore 22.

Holly Lance, sei puntate consecutive di The Voice of England, poi la discussa eliminazione nonostante il televoto le abbia accreditato 155.000 preferenze. Il concerto la settimana dopo, quando ancora il pubblico si ricorda bene chi sei. Hai rifiutato un’ospitata al Galore, per esserci. Ed erano cinquecento sterline, per mezz’ora, in contanti.

“Holly …   credo sia troppo presto. Io …” Ben si siede, sul palco. Si era messo anche una giacca costosa, ma doveva  essere l’unica che aveva. In fondo non era un vero impresario.

“Certo, non ti preoccupare” dice lei guardando avvilita la sala vuota.  Nessuno è lì per vederla. “Magari più in là”. Holly svanisce, come un nuvola. Resta Camilla Lance Gibbs, che ha scelto il nome d’arte in omaggio a Holly Gibbs, la sua attrice preferita. Camilla si toglie le scarpe coi tacchi e si avvia piedi nudi al bar.

 

Madison, ore 22.45

“Sicuro che non ci sia la Coppa d’Inghilterra, stasera?”

“Macché. E’ giovedì.”

“Allora non capisco. Aces of Spade II aveva sbancato, luglio scorso.”

Jack spegne le luci del cruscotto, e la scritta Aces of Spade III scompare. Il cinema è vuoto, l’ultimo spettacolo era previsto alle 22. Invece non si è visto nessuno. Ma proprio nessuno.

“Di’ la verità, a te sarebbe interessato vederlo?”

Jack guarda il manifesto, a forma di carta da gioco, la mora da urlo, il protagonista con l’occhio tatuato.

“No. Probabilmente no. Andiamo a farci una birra?”

 

 

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