lunedì 1 maggio 2017

STREAM OF CONSCIOUSNESS PUBBLICABILE di Narciso Fenice Ramparti

Crisi di mezza età su stempiata dilagante nel contraccolpo di una strangolante insoddisfazione. Extrasistole in levare. Imperativo smettere di fumare, andare dal dentista cazzo, darsi pace, abbassare la cresta, riprendere la patente, rinnovare il repertorio dialogico e interrelazionale, se non addirittura ricominciare a studiare. Avrei giurato che sarebbe presto arrivata l'ora di adagiarsi nu poco sugli allori, e invece nisba. In mano non ho ancora un cazzo. Altro che canzoni. Qui siam sotto di dugentomila euri.

Zbigniew Zvonimir Zlatan.
Minchia, sessietebravi costigiochini.
Brucia la Farmville dei tegami.
Conquisto il regno degli elfi
e vado a fare la spesa.
Perché declinarsi in implausibili
e grottesche mimesi,
in mancanza di veri modelli?
Nervosa, un po' legnosa,
verso la disfatta totale.
In una scala a chiocciola di valori.
'L'ho conosciuto alle corse dei cani.
L'ho incontrato nell'area cani'.

Flashforward.
Prese il pocket coffee, lo scartò e lo addentò avidamente, dimenticando per un solo ma fatale momento la sua situazione. I denti impazzirono e il dolore, le lacrime amare e l'obnubilamento mentale regnarono sullo zucchero e il caffé.

Dissolvenza.
E da oggi, raga,
skiaffoni per tutti:
faccio skonti komitiva
e rilancio sui gatti,
auspicando che la figa 
grandini a fiotti.

Sono turbato da Domenico che ha il coraggio di raccontare: lui che sta a Torino ma è sempre a Firenze, lui che non si tira mai indietro. Pestato a sangue, si vanta di arrestare l'emorragia al naso con gli ultimi scoppi avanzati dal pezzo della sera prima. E, senza aver dormito, tira a dritto dal rave alla trasferta di Genova.

Parola d'ordine: coccodé!
L'economia dei contatti random
è la chiave del dodici.
God bless this mess.
Erba fra le cosce, erba sui fianchi:
quel brivido che una sera ci ha
accarezzati stanchi.

* * *

Indulgo allo zibaldonismo solipsistico per sopperire alla mancanza di idee organiche. Nondimeno, son qui proprio a riorganizzarmi le idee. Vista l'incombente scadenza, invece di passar la mano ho pensato di produrre in forma di contributo il mio piano tentativo sulle cose che vorrei scrivere per i prossimi numeri di questa ormai prestigiosa rivista. Credo di aver già bastevolmente giustificato quello che propongo come neo-crepuscolarismo digitale: una codificazione prosimetrica ed epico-lirica del mio vissuto provinciale e metropolitano, caratterizzata da svisate su registri stilistici e lessicali come da discontinuità sintattica (chiamala paratassi, ma mi banalizzi) e poliglottismo da social network. La lezione di Gozzano resta ispiratrice ma viene, non tanto obliterata, quanto distanziata dalla schizofrenia espressiva che meglio si attaglia al contesto odierno. Il tutto al servizio della potenzialità semantica del frammento testuale, solo apparentemente a scapito di un'organicità narrativa che si ricompone al di là di un troppo spesso asserito storytelling. Del resto la vita non è mai una storia con un inizio introduttivo e una fine concettualmente sensata. Quindi nel mio testo c'è, e vuole esserci, anche del realismo che sottende al comunque insistente iperrealismo. Oltre ad una ferma, fermissima pretesa storiografica. Detto ciò (ma ben più profusamente dovrei spiegare i miei intendimenti), mi ero preso la briga di annotare le imprese eroiche che volevo assolutamente tramandare e vado qui a soppesarle, impegnandomi formalmente per la presta composizione – a Dio piacendo –  delle stesse.

I) Giorno Maledetto. Come e quanto magistralmente Cristiano in crisi d'astinenza uscì dalle nostre vite dopo una ventennale amicizia: dichiarando che una diagnosi medica gli aveva dato poche settimane di vita, ci convinse a dar fondo ai nostri esigui conti per un'ultima paurosa colletta, colla quale s'involò, sbambandosela interamente e rubando pure il motorino di Andre.

II) La Solitudine del Maratoneta. Mi ripropongo da tempo di consegnare alla posterità quella che ricorderei come una delle imprese più propriamente omeriche della nostra modernità: Matte che, in cerca disperata di lavoro, si fa assumere all'autogrill di Monculi (tipo l'Antella): il terzo giorno gli si rompe la macchina lì ma non ha una lira in tasca e torna a piedi fino a Careggi. A piedi. Tipo quarantadue chilometri. Io lo seguo via telefono finché non gli si scarica la batteria. D'agosto, sotto il sole battente senza acqua o niente, lui marcia, litiga con un paio di birri che lo sorprendono sulla carreggiata della provinciale, lamenta sete e dolorini vari. Esce di lavoro alle 14, arriva a casa alle 1, il giorno dopo alle 6 deve rimontare. E non ha mezzo.

III) Noi, ragazzi colla pressione alta. Sorta di dialogo platonico fra me e Andre sugli sconcertanti risultati delle analisi mediche, per noi come per altri che vanno pei cinquanta: anamnesi amara sull'ineluttabile imminenza del redde rationem infartuale.

IV) Soffiano: la polizia non può sparare. Una missione notturna del Bobo, una cavalcata frenetica fra suburbio e movida fiorentina, una corsa contro il tempo per avvisare il re del pericolo che si avvicina.

V) Cronache umbratili del tardo impero. Ammiano Marcellino può insegnarci ancora qualcosa? Hai voglia te. Anderei a dimostrarvelo con una selezione documentaria dall'opera – solo parzialmente pervenutaci – del grande continuatore di Tacito: una fonte primaria sul quarto secolo, pur commentata sinteticamente e con un approccio a tratti banalizzante, che restituiamo però alla fruizione delle masse.

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