Crisi di mezza età su stempiata dilagante nel contraccolpo di
una strangolante insoddisfazione. Extrasistole in levare. Imperativo smettere
di fumare, andare dal dentista cazzo, darsi pace, abbassare la cresta,
riprendere la patente, rinnovare il repertorio dialogico e interrelazionale, se
non addirittura ricominciare a studiare. Avrei giurato che sarebbe presto
arrivata l'ora di adagiarsi nu poco sugli allori, e invece nisba. In mano non
ho ancora un cazzo. Altro che canzoni. Qui siam sotto di dugentomila euri.
Zbigniew Zvonimir Zlatan.
Minchia, sessietebravi costigiochini.
Brucia la Farmville dei tegami.
Conquisto il regno degli elfi
e vado a fare la spesa.
Perché declinarsi in
implausibili
e grottesche mimesi,
in mancanza di veri
modelli?
Nervosa, un po' legnosa,
verso la disfatta totale.
In una scala a chiocciola
di valori.
'L'ho conosciuto alle
corse dei cani.
L'ho incontrato nell'area
cani'.
Flashforward.
Prese il pocket coffee, lo
scartò e lo addentò avidamente, dimenticando per un solo ma fatale momento la
sua situazione. I denti impazzirono e il dolore, le lacrime amare e
l'obnubilamento mentale regnarono sullo zucchero e il caffé.
Dissolvenza.
E da oggi, raga,
skiaffoni per tutti:
faccio skonti komitiva
e rilancio sui gatti,
auspicando che la
figa
grandini a fiotti.
Sono turbato da Domenico che ha il coraggio di raccontare: lui che sta
a Torino ma è sempre a Firenze, lui che non si tira mai indietro. Pestato a
sangue, si vanta di arrestare l'emorragia al naso con gli ultimi scoppi
avanzati dal pezzo della sera prima. E, senza aver dormito, tira a dritto dal rave
alla trasferta di Genova.
Parola d'ordine: coccodé!
L'economia dei contatti
random
è la chiave del dodici.
God bless this mess.
Erba fra le cosce, erba
sui fianchi:
quel brivido che una sera
ci ha
accarezzati stanchi.
* * *
Indulgo allo zibaldonismo solipsistico per sopperire alla mancanza di
idee organiche. Nondimeno, son qui proprio a riorganizzarmi le idee. Vista
l'incombente scadenza, invece di passar la mano ho pensato di produrre in forma
di contributo il mio piano tentativo sulle cose che vorrei scrivere per i
prossimi numeri di questa ormai prestigiosa rivista. Credo di aver già
bastevolmente giustificato quello che propongo come neo-crepuscolarismo
digitale: una codificazione prosimetrica ed epico-lirica del mio vissuto
provinciale e metropolitano, caratterizzata da svisate su registri stilistici e
lessicali come da discontinuità sintattica (chiamala paratassi, ma mi
banalizzi) e poliglottismo da social network. La lezione di Gozzano
resta ispiratrice ma viene, non tanto obliterata, quanto distanziata dalla
schizofrenia espressiva che meglio si attaglia al contesto odierno. Il tutto al
servizio della potenzialità semantica del frammento testuale, solo
apparentemente a scapito di un'organicità narrativa che si ricompone al di là
di un troppo spesso asserito storytelling. Del resto la vita non è mai
una storia con un inizio introduttivo e una fine concettualmente sensata.
Quindi nel mio testo c'è, e vuole esserci, anche del realismo che sottende al
comunque insistente iperrealismo. Oltre ad una ferma, fermissima pretesa
storiografica. Detto ciò (ma ben più profusamente dovrei spiegare i miei
intendimenti), mi ero preso la briga di annotare le imprese eroiche che volevo
assolutamente tramandare e vado qui a soppesarle, impegnandomi formalmente per
la presta composizione – a Dio piacendo –
delle stesse.
I) Giorno Maledetto. Come e quanto magistralmente Cristiano in
crisi d'astinenza uscì dalle nostre vite dopo una ventennale amicizia:
dichiarando che una diagnosi medica gli aveva dato poche settimane di vita, ci
convinse a dar fondo ai nostri esigui conti per un'ultima paurosa colletta,
colla quale s'involò, sbambandosela interamente e rubando pure il motorino di
Andre.
II) La Solitudine del Maratoneta. Mi ripropongo da tempo di
consegnare alla posterità quella che ricorderei come una delle imprese più
propriamente omeriche della nostra modernità: Matte che, in cerca disperata di
lavoro, si fa assumere all'autogrill di Monculi (tipo l'Antella): il terzo
giorno gli si rompe la macchina lì ma non ha una lira in tasca e torna a piedi
fino a Careggi. A piedi. Tipo quarantadue chilometri. Io lo seguo via telefono
finché non gli si scarica la batteria. D'agosto, sotto il sole battente senza
acqua o niente, lui marcia, litiga con un paio di birri che lo sorprendono
sulla carreggiata della provinciale, lamenta sete e dolorini vari. Esce di
lavoro alle 14, arriva a casa alle 1, il giorno dopo alle 6 deve rimontare. E
non ha mezzo.
III) Noi, ragazzi colla pressione alta. Sorta di dialogo
platonico fra me e Andre sugli sconcertanti risultati delle analisi mediche,
per noi come per altri che vanno pei cinquanta: anamnesi amara
sull'ineluttabile imminenza del redde rationem infartuale.
IV) Soffiano: la polizia non può sparare. Una missione notturna
del Bobo, una cavalcata frenetica fra suburbio e movida fiorentina, una corsa
contro il tempo per avvisare il re del pericolo che si avvicina.
V) Cronache umbratili del tardo impero. Ammiano Marcellino può
insegnarci ancora qualcosa? Hai voglia te. Anderei a dimostrarvelo con una
selezione documentaria dall'opera – solo parzialmente pervenutaci – del grande
continuatore di Tacito: una fonte primaria sul quarto secolo, pur commentata
sinteticamente e con un approccio a tratti banalizzante, che restituiamo però
alla fruizione delle masse.
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