I calzini con le birkenstock sono uno dei più
impervi abissi della mente. Davanti a questa epifania del demonio restiamo
interdetti perché, nel nostro immaginario, il demonio ha buon gusto. Ce lo
immaginiamo con abiti raffinati e curato nell’aspetto. Eppure, a volte, scarta
di lato, sballa, con dispetto, si diverte a scioccare. La genia teutonica è
quella maggiormente affetta dalla patologia sandalistica, e tuttavia il morbo
sembra diffondersi a macchia d’olio, raggiungendo il suo apice nella stagione
primaverile.
Il vaccino non esiste. Ungaro ha tentato il
suicidio, pare, mentre Dolce e Gabbana ne faranno sicuramente una versione
tamarra con inserti pitonati.
Non c’è niente che può stare al pari del
sandalo con il calzino: nonostante gli sforzi creativi degli abbinamenti più
improbabili, il podio, l’oro olimpico dell’offesa alla vista, è suo.
Quando incontriamo individui affetti da questa
malattia proviamo pietà e un desiderio incontrollabile di intervenire, di fare
qualcosa. Come, ad esempio, strappargli i sandali dai piedi e lanciarli
nell’aere sperando di fare meta, su Marte.
L’argento va, con indiscusso merito, alla tuta
con canotta e mocassini, che però ha perso appeal tra le giovani generazioni,
restando un fenomeno di nicchia nell’anziano disadattato, preferibilmente
periferico, con un passato orgoglioso nella criminalità organizzata di
quartiere.
Costui abbina al coraggioso outfit il cicchino
nazionale senza filtro, perennemente attaccato al labbro, e usa la bestemmia
come biglietto da visita, nonché la scatarrata in terra per avvertire il
prossimo della sua imminente comparsa: lo puoi sentire arrivare da alcuni
isolati di distanza. Il mezzo di trasporto preferito dal soggetto è l’apecar.
Un tempo aveva probabilmente l’alfa sud, ma deve averla persa a briscola contro
uno straniero di Viterbo con un occhio solo e un culo sfacciato.
Spinge l’apecar al limite massimo della
resistenza, tenendo in braccio, mentre guida, un cane derelitto che subisce il
fumo passivo senza lamentarsi.
Il terzo posto, il bronzo, va a pari merito ai
fuseaux con striscia leopardata, e alle scarpe da ginnastica con il tacco.
Il pantalone elastico è una delle tante scomode
eredità degli anni 80, che in questi tempi bui sono tornati di moda. L’aggiunta
della striscia laterale, tipo divisa dei carabinieri, in fantasie animalier, è
uno spregio al buon gusto di raro sadismo: l’occhio innocente resta ipnotizzato
dalla riga, continua a seguirla, e si chiede attonito “Perché”. Dovrebbe
esserci un esplicito divieto di legge al riguardo, ma certo, in questo modo, le
ditte produttrici di fuseaux fallirebbero miseramente in poco tempo. Forse,
quindi, per sensibilità nei confronti dei molti dipendenti del settore e
dell’economia reale, tutti chiudono un occhio e l’insidioso capo di
abbigliamento continua ad essere venduto liberamente.
Per finire, le Hogan. Anzi le hogan, giacché risulta
eccessivo usare la maiuscola. Qui raggiungiamo la sublimazione del cattivo
gusto procurata da un dispendio di denaro che farebbe vergognare un principe
saudita. Classicamente le troviamo abbinate a suv guidato con atavica
incapacità, innata mancanza di senso delle misure e genetica predisposizione al
parcheggio in quarta fila. Quasi sempre il soggetto che sperimenta l’abisso
delle hogan, indulge anche nella moda delle unghie lunghissime, a guisa di
maestro cinese di arti marziali instabile di mente, e dipinte con miniature
bibliche.
Nonostante tutto questo, dobbiamo continuare a
credere che ci sia una speranza per l’umanità. Ma lo so, è difficile.
Nessun commento:
Posta un commento