lunedì 1 maggio 2017

GUIDA PRATICA AL VESTIRSI MALISSIMO di Giovanna Daddi

I calzini con le birkenstock sono uno dei più impervi abissi della mente. Davanti a questa epifania del demonio restiamo interdetti perché, nel nostro immaginario, il demonio ha buon gusto. Ce lo immaginiamo con abiti raffinati e curato nell’aspetto. Eppure, a volte, scarta di lato, sballa, con dispetto, si diverte a scioccare. La genia teutonica è quella maggiormente affetta dalla patologia sandalistica, e tuttavia il morbo sembra diffondersi a macchia d’olio, raggiungendo il suo apice nella stagione primaverile.
Il vaccino non esiste. Ungaro ha tentato il suicidio, pare, mentre Dolce e Gabbana ne faranno sicuramente una versione tamarra con inserti pitonati.
Non c’è niente che può stare al pari del sandalo con il calzino: nonostante gli sforzi creativi degli abbinamenti più improbabili, il podio, l’oro olimpico dell’offesa alla vista, è suo.
Quando incontriamo individui affetti da questa malattia proviamo pietà e un desiderio incontrollabile di intervenire, di fare qualcosa. Come, ad esempio, strappargli i sandali dai piedi e lanciarli nell’aere sperando di fare meta, su Marte.
L’argento va, con indiscusso merito, alla tuta con canotta e mocassini, che però ha perso appeal tra le giovani generazioni, restando un fenomeno di nicchia nell’anziano disadattato, preferibilmente periferico, con un passato orgoglioso nella criminalità organizzata di quartiere.
Costui abbina al coraggioso outfit il cicchino nazionale senza filtro, perennemente attaccato al labbro, e usa la bestemmia come biglietto da visita, nonché la scatarrata in terra per avvertire il prossimo della sua imminente comparsa: lo puoi sentire arrivare da alcuni isolati di distanza. Il mezzo di trasporto preferito dal soggetto è l’apecar. Un tempo aveva probabilmente l’alfa sud, ma deve averla persa a briscola contro uno straniero di Viterbo con un occhio solo e un culo sfacciato.
Spinge l’apecar al limite massimo della resistenza, tenendo in braccio, mentre guida, un cane derelitto che subisce il fumo passivo senza lamentarsi.
Il terzo posto, il bronzo, va a pari merito ai fuseaux con striscia leopardata, e alle scarpe da ginnastica con il tacco.
Il pantalone elastico è una delle tante scomode eredità degli anni 80, che in questi tempi bui sono tornati di moda. L’aggiunta della striscia laterale, tipo divisa dei carabinieri, in fantasie animalier, è uno spregio al buon gusto di raro sadismo: l’occhio innocente resta ipnotizzato dalla riga, continua a seguirla, e si chiede attonito “Perché”. Dovrebbe esserci un esplicito divieto di legge al riguardo, ma certo, in questo modo, le ditte produttrici di fuseaux fallirebbero miseramente in poco tempo. Forse, quindi, per sensibilità nei confronti dei molti dipendenti del settore e dell’economia reale, tutti chiudono un occhio e l’insidioso capo di abbigliamento continua ad essere venduto liberamente.
Per finire, le Hogan. Anzi le hogan, giacché risulta eccessivo usare la maiuscola. Qui raggiungiamo la sublimazione del cattivo gusto procurata da un dispendio di denaro che farebbe vergognare un principe saudita. Classicamente le troviamo abbinate a suv guidato con atavica incapacità, innata mancanza di senso delle misure e genetica predisposizione al parcheggio in quarta fila. Quasi sempre il soggetto che sperimenta l’abisso delle hogan, indulge anche nella moda delle unghie lunghissime, a guisa di maestro cinese di arti marziali instabile di mente, e dipinte con miniature bibliche.

Nonostante tutto questo, dobbiamo continuare a credere che ci sia una speranza per l’umanità. Ma lo so, è difficile.

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