giovedì 2 febbraio 2017

LA PRECARIETÀ del PARADISO di Francesco Barilli

Non mi aspettavo le ali. Le nuvole, e tutte le altre fesserie. A quelle non ho mai creduto. Ma di trovarmi di fronte a un signore sudato, con i capelli solo alle tempie e il sigaro acceso, beh … quello proprio no. Matt - potevo chiamarlo così, mi aveva detto lui – spostò la massa di fogli disordinati dal centro della scrivania e li sistemò con una mano sul PC rotto che aveva sulla cassettiera. Dalle carte spuntavano orecchie ovunque, davvero non riuscivo a capire come potesse raccapezzarsi in tutte le pratiche; dovevano essere miliardi.

“No, Stew, lei non rientra.”

“Ma …”

“Ho controllato e ricontrollato. Non c’è nessuno sbaglio. Lei non rientra. E’nato nel 1972, è  morto nel 2014. Niente da fare. E’ proprio nel periodo della nostra riforma amministrativa.”

“Quindi … Niente eternità.”

“Purtroppo no.”

Oh, cavolo.

“Intendiamoci: sua anima continua ancora a garantire di numerose tutele. Privilegi, se così possiamo chiamarli. Il giudizio preliminare è stato positivo: sorrida, lei è in Paradiso dopotutto.”

Si tirò indietro con la schiena. Era ancora madido di sudore, sulla fronte, e sulla camicia. Una brutta camicia, tra l’altro. Il sorriso morì sulla sua faccia dopo pochi secondi.

“Andiamo Stew, non sia così deluso. In fondo, non c’era alcuna possibilità che si potesse andare avanti così all’infinito. Tutte queste anime, in continuazione. Lo sa, da quando c’è stata la riforma e hanno ammesso i non battezzati, i buddisti, gli animisti … qui … è un casino, ecco!”

“Il Paradiso … è … un casino?”

“Lo sa quante prostitute redente mi sono arrivate questa settimana? Killer pentiti in un punto di morte, sequestratori che hanno chiesto il prete e si sono confessati!? Una volta bastava una bella eresia e pam! Finivi dritto in Purgatorio, dandoci il tempo di smaltire le pratiche. Ma adesso … adesso … Li chiamano filosofi,  pensatori. L’altro ieri è capitato qui persino un satanista. Lo sa che diceva il fascicolo? “la sua idea di Dio era forse male indirizzata, ma dopotutto non ha fatto male a nessuno”. Ma dico, siamo impazziti? “Forse” era male indirizzata?.

Lasciai che Matt si sfogasse. Mentre parlava smisi di guardarlo, e presi a fissarmi le mani. Avevo ancora al dito l’anello di Lisa.

“E quindi che cosa mi aspetta?”

“C’è una cosa interessante” Matt aprì il cassetto, da cui tirò fuori un paio di opuscoli plastificati. “Ecco qua: si chiama Anima a Progetto”

“A progetto?”

“Si tratta di un accompagnamento alle anime inquiete del Purgatorio. Si sta loro accanto finché non trovano la pace. Il lavoro di per sé non è faticoso, si tratta più che altro di ascoltare, sono dei gran chiacchieroni:  ‘se avessi fatto questo, se non avessi detto quest’altro …’ E’ una gran lagna, ma si fanno punti. E quando trovano pace, il progetto finisce e si passa a un altro contratto. Che ne dice?”

“Si fanno …. punti, ha detto.”

“Esatto. Più punti hai, più hai condizioni vantaggiose hai al prossimo giro.”

“Tutele crescenti.”

“Qualcosa del genere. Credo abbiano fregato l’idea a qualche induista, sai la storia della reincarnazione, l’aquila che diventa koala e poi tartaruga, o che Diavolo ne so!” Spense il sigaro con troppa foga su un posacenere arancione che aveva visto tempi migliori, sollevando una nuvoletta di cenere.”

“Mi sembra di capire che non ci siano molte alternative”.

“Manco una, in effetti” si piego di nuovo all’indietro, lasciando vedere una canottiera da muratore sotto la camicia che ormai aveva perso un paio di bottoni. “Dai, Stew … una bella firmetta?” Prese la penna senza cappuccio e me la porse dalla parte del fondo. Le dita erano piene di segni d’inchiostro. Era una scena che si era ripetuta decine di volte, solo in quella mattinata. Presi la biro.

“Solo una cosa …”

“Dimmi” piegò le braccia. Il segno che fanno i venditori quando considerano chiusa la trattativa, anche se continuano a sorridere.

“Si potrebbe fare qualcosa per la musica?”

“Quale musica?”

“Quella della sala d’attesa. Robaccia pop da ragazzini.”

Matt sgranò gli occhi, incredulo. “Non dipende da me. C’è una playlist, va in automatico, non sono io che … Stew! Stew! Dove stai andando?! Stew!!” Sentii lo sfrigolio della sedia mentre si alzava in piedi. Lasciai la porta aperta uscendo dall’ufficio e incrociai lo sguardo vitreo di un paio di signori che attendevano il loro turno nella sala d’aspetto. Un brav’uomo dalla pelle scura e una donna che gli teneva la mano. In sottofondo, una canzone di Jennifer Lopez.

Non pretendo tanto. Non dico Mozart, o Dvorak, o i King Crimson. Non dico le ali, o la trasfigurazione, o la luce eterna. Ma siamo in Paradiso, Dio mio. Almeno la musica.

Nessun commento:

Posta un commento