Già il Preside Benvenuti non era amato, ora
il Consiglio d'Istituto chi lo avrebbe sentito? Genitori imbestialiti, dopo
occupazioni a caso, atti vandalici, spaccio davanti alla scuola, anche questa.
E la scuola che finiva, di nuovo, sul giornale, non per una buona notizia.
“Vitali allora? Lo sa lei come lo so io:
cercherà di difenderlo anche a questo giro, ma io ho già deciso. Chiederò la
sospensione, ne discuteremo domani in Consiglio”
“Preside, Baccetti ha una situazione
difficile, prima di trarre conclusioni almeno lasci che ci siano delle indagini
formali”
“Indagini formali? Vitali mi faccia il
piacere: con tutti i casini che ci sono, secondo lei la Polizia ci dedicherà la
squadra speciale per un furto di un registro? Mi vien da ridere...guarda caso
manca proprio il registro di classe sua. E gli è andata bene finora, perché è
minorenne. Qui ci deve stare ancora buono buono 2 anni, se vuole sperare di
arrivare al diploma: tra 6 mesi compie 18 anni, e allora finalmente le pagherà
tutte.”
“Che prove ha che sia stato lui, scusi?”
“Non ho bisogno di prove: ha guidato tutte le
occupazioni, ha allagato l'edificio, ha pisciato- PISCIATO- in palestra davanti
alla professoressa Paoli, spaccia fumo, si è portato pure una prostituta nel
bagno a ricreazione. Del resto, la “famiglia” da cui proviene non lascia molti
dubbi su come finirà...E' stato bocciato 3 volte, in gita ha dato fuoco al
pullman”
“Beh no, non c'erano prove che fosse stato
lui. Nella mia materia, come sa, ha la media del 7. E la filosofia non è
proprio una roba da coglioni: o la capisci, o non la capisci. Juri la capisce,
e la studia.”
“Senta Vitali, se vuole fare l'assistente
sociale si accomodi altrove. Ora mi lasci lavorare, che devo preparare la
relazione sull'accaduto per domani, quelle belve assetate di sangue chiederanno
la mia testa, al solito. Chiudiamola qui. Arrivederci.”
Vitali uscì con il cuore oppresso e la rabbia
sorda di un amico tradito. Si diresse sicuro in classe, sperando di trovarsi
davanti Juri per interrogarlo e chiedergli conto dell'ennesima delinquenza.
Ma Juri Baccetti, stranamente, non c'era.
Anche se andava bene solo in filosofia, a
scuola andava con regolarità: piuttosto che stare a casa sua, sarebbe andato
anche nell'esercito.
Suo padre e suo fratello facevano avanti e
indietro dalla galera, sua madre era morta quando lui era piccolo. In casa
c'era solo la nonna, vecchia, malata e sinceramente rincoglionita. Continuava a
chiamarlo con il nome del fratello, pensava di parlare con lui. Forse non
sapeva neppure che Juri esisteva in quanto Juri.
Vitali continuava ad essere perplesso:
sfondare una finestra per rubare un registro non era da lui. Juri se ne fregava
del rendimento scolastico, non aveva bisogno alcuno di dimostrare di essere
bravo. Nessuno si interessava ai suoi voti, né a casa sua né altrove.
Qualcosa non quadrava.
Ci rimuginò per giorni, a scuola, a casa la
sera. E la notte non riusciva a dormire.
Intanto il Preside aveva già fatto partire la
macchina: aveva dato un colpevole ai genitori, e aveva già deciso per la
sospensione del ragazzo. Il quale, per suo conto, era tornato a scuola come se
niente fosse “Ho avuto l'influenza Prof.”
Vitali ci parlò, gli spiegò la situazione.
Juri gli disse candidamente che lui non era stato “Io lo so, Juri, ma tu sai
anche cosa pensano tutti e, se non possiamo dimostrare il contrario, per te si
mette male”. Per la prima volta da quando lo conosceva, Juri chiese aiuto al
suo prof. “Non sono stato io, glielo giuro. Non direi mai bugie, non a lei. E
poi perché avrei dovuto far sparire un registro? Mi bocciano comunque...Capisco
che sia facile pensare a me, ma questa volta non c'entro” “Io questo lo so
Juri. Puoi provarlo? Hai un alibi per quella sera? Eri con qualcuno che può
garantire per te?”
“Ero con qualcuno si. Stavo a fare il palo a
mio fratello che rubava in un magazzino all'Osmannoro...mi sa che non posso
dirlo alla Polizia, lei che dice?”
Vitali, a quel punto, era disperato. Doveva
parlare con la Sardoni, era l'unica con cui poteva sperare di trovare una
soluzione. La sospensione per Juri significava la fine: lo conosceva bene, era
orgoglioso, ma senza possibilità. Buttato fuori da scuola sarebbe stato
risucchiato dal gorgo delinquenziale di quella sua famiglia che famiglia non
era, votata all'autodistruzione, condannata all'essere un nulla, ai margini da
cui non si esce.
La mattina dopo s'incamminò verso la Scuola,
aveva lezione alla prima ora, pensava a Juri, alla sua assenza quasi certa quel
giorno, al Preside Benvenuti e alla sua gratuita cattiveria, all'abdicazione al
suo ruolo di educare, recuperare, anche salvare sì, anche quello era un compito
della scuola, di una scuola degna di questo nome. Si sentì impotente, quasi
complice di un sistema che voleva pervicacemente negare la seconda possibilità
a un ragazzo di 17 anni la cui unica colpa era di esser nato da un errore. Il
quale forse, a sua volta, aveva l'unica colpa di esser nato anche lui da un
errore...E via e via.
Era quasi arrivato, stava per deviare come
sempre all'edicola di Mario, dove ogni mattina, prima di entrare a scuola,
comprava il giornale, quando si sentì chiamare. Si voltò e vide Ahmed, uno dei
custodi “Professore Sergio Vitali io devo parlarti, io ho visto quella sera, io
so una cosa. Ho bisogno di dirla a te”. Sergio si avvicinò, lo prese sotto
braccio e lo portò al bar “Ok Ahmed, ti offro la colazione, ci sediamo al
tavolino lontano da tutti e mi dici” Aveva un misto di timore e speranza,
doveva sentire la storia di Ahmed.
“Io quella sera della finestra rotta ero lì
sotto, passavo di lì, e ho visto un ragazzo, no Juri, lui non era. Era biondo e
grosso. Juri è magro, come me, con quei capelli strani a nodi”
Juri aveva i dread, di sicuro non era biondo,
e non era ben piantato. Era uno smilzo che, forse, a pensarci bene, non aveva
neppure la forza di rompere un finestrone enorme.
“Grazie Ahmed, è un'informazione molto
importante. Dobbiamo subito andare dal Preside, insieme, a dirglielo”
“Professore Sergio no, non possiamo. Quello
biondo e grosso era Leonardo Benvenuti, il figlio del Preside”.
Ecco.
La testa di Vitali esplose.
Entrò a scuola cercando di non correre, e si
mise a cercare la Sardoni, la trovò, la prese da una parte e le raccontò tutto.
La professoressa fu risoluta: dovevano andare dal Preside e parlarci in
privato. Ovviamente senza minacciarlo, ma dandogli la possibilità di ritirare
le accuse a Juri alla luce di quelle informazioni. Dovevano trattare la
questione con discrezione, e fare in modo di tirare fuori Juri dal casino.
Vitali si fece convincere, la Sardoni aveva
ragione. Chiese un incontro a Benvenuti “Ci vado da solo Graziella, non voglio
coinvolgere Ahmed, capace che quello se la rifà pure con lui. Non gli dirò la
fonte, gli dirò solo che ci sono testimoni. E vediamo come reagisce”
Si ritrovò nell'ufficio di Paolo Benvenuti,
Preside del Leonardo da Vinci ossessionato dai media, e da 20 anni di onorata
carriera.
E gli disse tutto. Con il tono calmo di chi
pensa di avere l'avversario in pugno. “Paolo, ti do del tu, ci conosciamo da
anni, ora facciamo finta di essere al bar. Pensa a quello che ti ho detto,
parla con tuo figlio, chiedigli conto del gesto che ha fatto. La Sardoni mi ha
confermato che Leonardo aveva preso dei voti molto brutti in matematica,
rischiava seriamente di essere rimandato. E a te non aveva detto niente,
immagino”
Il Preside era sempre stato severo con suo
figlio, non ammetteva errori, doveva essere il primo della classe.
“Chi ti ha detto di averlo visto, Sergio?”
Vitali doveva tenere fuori Ahmed, quindi fu vago su quel punto “Chi vuoi
proteggere Sergio? Qualcun altro dei tuoi marginali derelitti? Comunque non
m'interessa, mio figlio non è stato: figurati se mio figlio fa una cosa del
genere. Queste sono balle, illazioni. Finiamola qui”
“Paolo, ascoltami. Non c'è alcun bisogno che
tu denunci tuo figlio: ma adesso che hai la dimostrazione che non è stato Juri,
dì semplicemente che c'è stato uno sbaglio, che ci sono le prove che non è
stato Baccetti, fai procedere contro ignoti e via, affronta il Consiglio, ma
almeno non inguaiare un innocente!”
Seguì un alterco, Benvenuti era furioso: la
notizia che era stato suo figlio gli aveva fatto crollare il mondo addosso e,
per reazione, divenne ancora più aggressivo.
La sera convocò Leonardo nello studio e lo
affrontò a manrovesci. Senza chiedere perché, senza accettare spiegazioni. Lo
aggredì, e gli disse di dimenticare quella storia e di non provare mai più a
metterlo nella merda.
Il giorno dopo, con la crudeltà vendicativa
dell'animale ferito, sospese Juri Baccetti da Scuola.
Vitali si dette malato, non voleva tornare in quel covo di ipocriti, non voleva vedere il Preside, altrimenti gli avrebbe spaccato la faccia.
Ahmed pianse. La Sardoni pensò di raccontare
la storia ai giornali, ma il Benvenuti aveva già mandato una letterina a un suo
amico intimo che lavorava al Corriere, e la storia era già bella e pronta e
confezionata.
Dopo circa una settimana Vitali non ce la
fece più, tornò a lavoro, e, appena uscito, andò a cercare Juri. Sapeva dove
abitava, al quartiere dei Greci, le case minime, come le chiamavano.
Lo girò in lungo e in largo, chiese a tutti.
Nessuno sapeva dove abitavano esattamente i Baccetti.
A sera inoltrata rinunciò e tornò a casa. Non
dormì.
La mattina dopo gli giunse la notizia.
Juri lo avevano trovato morto, ai giardinetti
del Terzolle. Overdose.
Il figlio del Preside quell'estate, dopo la
fine della scuola, andò in viaggio studio negli States.
Vitali si licenziò, tornò al suo paese in
Friuli, si mise sul terrazzo della casa dei suoi a guardare le montagne. In
silenzio.
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