giovedì 2 febbraio 2017

FRAMMENTI (II) di Fabio Langellotti

(…)

Sulla Metro Antonio guarda nervosamente il cellulare in attesa che quei due baffetti di Whatsapp divenissero azzurri. Intanto pensava a cosa dire all’architetto Doretto. 

Avrebbe creduto a questo terribile malinteso? E se avesse pensato che fosse il temuto Tommaso il cui viso appare in mente alla sua compagna tutte le volte che lo vede? Tira fuori il tesserino del Credito Nazionale, gli avrebbe mostrato quello anche per acquisire una certa credibilità

Ore 16:46. Mancava una sola fermata.

La luce della metro improvvisamente si spegne. Un bambino piange, qualche madre emette qualche urletto finché non si riaccende tutto. Ma la Metro è immobile. Dopo un minuto l’altoparlante squilla: “Gentili viaggiatori, siamo fermi a causa di un guasto di natura tecnica. Il treno dovrebbe ripartire nel più breve tempo possibile. Ci scusiamo per l’inconveniente.”

Dieci minuti.

Dieci minuti in cui come un’onda la gente parte sussurrando e finisce inveendo. Contro il sindaco, il governo, l’energia elettrica, l’Atm, il macchinista, il Vaticano. I bambini che riattaccano a piangere e le madri che chiedono silenzio e se li abbracciano sempre più stretti. Qualcuno continua a leggere, altri si sporgono sul finestrino chiuso, altri premono sul cellulare in cerca di risposte che non possono avere.

Il treno riparte.

Ore 17:02 finalmente la fermata San Babila. Antonio guarda l’orologio: ci vogliono circa dieci minuti per raggiungere lo studio, considerato che ha un appuntamento ce la dovrebbe fare.

Arriva allo studio, suona e sale al terzo piano. Lo accoglie una signorina, di circa 25 anni, con un rossetto appariscente, i capelli castani tirati in su e fermati da una penna.

“Mi scusi cercavo l’Architetto Doretto”

“Chi lo desidera?” gli risponde senza alzare gli occhi dallo schermo. Antonio si era preparato tutto: cosa dire, come scusarsi, come defilarsi una volta consegnata la notizia. Ma non alla risposta da dare a quella domanda. Perché spacciarsi per un cliente non era credibile. Se fosse andata a cercare il suo file non lo avrebbe mai trovato. Un amico? sarebbe stato rischioso se anche lei lo fosse –davvero- e avesse iniziato a chiedergli corrispondenze. Decide allora per la verità che alla fine paga sempre. “Sono del Credito Nazionale, devo fargli firmare un documento, l’altro giorno ce ne siamo colpevolmente dimenticati”. Vago e specifico nel giusto mix.

“Mi dispiace ma l’Architetto non si sentiva bene ed è tornato a casa, ha anche disdetto un appuntamento, Se vuole può lasciare a me e la richiamo una volta firmato.”

“No la ringrazio, sa ci sono problematiche di privacy, non si preoccupi non è così importante.” Senza lasciarle il tempo di ribattere saluta ed esce. Cernusco era a dieci fermate. Circa un’ora e mezzo. Il fatto di arrivare quando Francesco avesse già visto l’abbandono e non dover essere lui a dare la notizia lo tranquillizzava. Lui avrebbe comunicato solo data e ora dell’appuntamento e sarebbe stato in pace con se stesso. Stavolta la linea 2 non aveva fatto scherzi. Uscito dalla stazione prende il suo Iphone 5 e apre, coi tempi del telefono, Google map. La casa dell’Architetto Doretto distava 4 minuti a piedi.

Arriva al portone e inizia a suonare al campanello. Nessuna risposta. Continua e continua. Niente da fare. Decide allora di mettersi a sedere sul muretto della cancellata ricoperta di siepe di lauro accanto ai campanelli.

L’Architetto, quindi, aveva detto una bugia e non era tornato in ufficio.

Forse aveva scoperto della relazione tra “Disperata” e Tommaso. O forse era lui stesso ad avere una relazione e Disperata lo stava lasciando proprio per questo. Si ma Tommaso?

Forse erano cose che a lui non dovevano interessare e una volta consegnato il messaggio si sarebbe dimenticato di tutto.

Iniziano ad entrare delle persone. Ma troppo giovani o troppo anziane per essere Francesco. Un signore sulla sessantina, con una paffuta barba bianca e un Borsalino verde in testa si rivolge ad Antonio “Mi scusi sta aspettando qualcuno?”

Antonio si alza, sistema la cravatta e risponde “Si sono del Credito Nazionale, dovevo consegnare un documento all’Architetto Doretto”

“Da quando in qua le banche” riprende il signore fermandosi sul cancello aperto e abbassando con le dita gli occhiali sul naso “vengono a portare i documenti fino a casa dei clienti?”

“Si ha ragione, ma tanto abito in zona e per me è di strada.”

“Deve essere un cliente importante l’architetto?”

“Guardi” fece Antonio mettendo la mano alla bocca e avvicinandosi al signore barbuto “io non lo conosco neanche. E’ stato il mio capo a costringermi a venire qui. Anzi se mi indica   com’è fatto evito di importunare tutti gli abitanti del condominio”

“Lo può dare a me se vuole” disse porgendo la mano in avanti

“No, mi capisce, è qualcosa di estremamente riservato.”

“Accidenti che segreti. Comunque è un ragazzo con la barba castana gli occhiali, ha sempre un impermeabile grigio, una compagna meravigliosa e un sorriso illuminante. Anzi no, da quando è successa la disgrazia è sempre molto cupo.”

“Certo capisco. Il mio capo me lo aveva anticipato. Terribile”

“Terribile” ripete appoggiando una mano sulla spalla.

“Non si preoccupi, gli vado a suonare e se lo dovessi vedere in garage lo mando da lei.”

“La ringrazio è davvero gentile.”

Disgrazia.

Avevo finto di saperlo per conquistare, riuscendoci, confidenza. Ma cosa era successo? Come avrebbe potuto dare questa ulteriore terribile notizia?

Antonio rimane ad aspettare sempre seduto sul muretto. Le foglie della siepe che superano il cancello di ferro battuto gli fanno un irritante solletico sulle orecchie.

“Hey! Lei! Signor banchiere?” Antonio si sente gridare dietro le spalle. E’ il simpatico signore anziano che lo chiama dalla finestra del piano terra. Antonio sale sul muretto e si regge bene all’inferriata.

“Mi dica”

“Guardi l’Architetto non è in casa. Sarà al solito posto. Lo capisce anche lei vero?”

“Certo, ci mancherebbe” mente Antonio. “Solo” grida per cercare di farsi sentire scandendo le parole “come le dicevo, non sono della zona. Mi saprebbe indicare la via?”

“Saranno settecento metri da qui sempre diritto” e allunga il braccio a indicare la direzione. Chieda al custode se è dentro, tanto lo conoscono tutti.” “La ringrazio” urla mentre cerca goffamente di scendere.

Custode? Forse è a scuola a prendere il figlio.

Inizia ad affrettare il passo. Vuole farla finita con questa storia. Ma cosa gli era preso? Perché non aveva ignorato quella telefonata? In fin dei conti nessuno mai lo avrebbe scoperto. E anche lo avessero rintracciato, cosa avrebbero potuto imputargli? Lui aveva provato a richiamare. Perché non era in pace con se stesso?

Intanto le case fanno il posto ad un lungo viale alberato di cipressi. Vede avvicinarsi sulla sinistra un enorme parcheggio e sulla destra…un cimitero. Antonio vorrebbe tornare indietro. Il signore barbuto ha parlato di disgrazia. Ma allora “Disperata”? Tommaso? Vince le sue ritrosie e decide di entrare.
 

(To be continued…)

 

 

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