martedì 1 novembre 2016

MEMORIE PARIGINE (I) di Narciso Fenice Ramparti


Fine 2015. Curiosamente, l'assegno di Barilli per il mio contributo a questa prestigiosa rivista non si è fatto attendere. Pervenutomi anzi in sorprendente anticipo, accludeva un'inconsueta nota vergata a mano: 'Non possiamo tacere di fronte ai fatti di Parigi. Chiara e io non ce la sentiamo: troppi ricordi. Forse è meglio se ci pensi tu, con l'inappropriata indelicatezza che ti contraddistingue. L'importante è che vi sia un ritorno d'immagine per noi in vista del Natale'.

Uno scaricabarile magistrale, ma anche debitamente ponderato. Chi, del resto, meglio di me fra tutti gli autori (il solo retribuito!), saprebbe raccontarvi il significato più profondo della realtà che fece da scenario all'orrore di venerdì 13 novembre 2015? Vi è infatti, alla base di questa tragedia, un preciso contesto culturale da comprendere pienamente. Ora, io sono stato a Parigi quindici giorni nel marzo del '94 con la scuola, quindi posso spiegarvela. E voi potrete finalmente capire.

Visitare la capitale dell'amore e della bellezza mi segnò forever. Il 1994 era per me l'ultimo di sei anni di classico, che ho avuto l'inusitato privilegio di frequentare al liceo Dante di Firenze (avete mai conosciuto gente che si vanta di aver fatto lo scientifico? XD). Anche il nostro professore di matematica, che ci accompagnò, si chiamava Parigi: parve di ottimo auspicio, a Parigi col Parigi. Non so, mi chiedo se davvero voglio mettermi qui a raccontarvi la mia gita a Parigi di Parigi con Parigi per Parigi su Parigi. Sarebbe un po' Parigi.

Un'esperienza, resa estatica e oltre modo felice da quella magica età che sono i diciannove anni, vissuta col suddetto Barilli (che cerca ancora di rimuovere) e altri vips che non menziono per discrezione. Una perla nel Trono dei Miei Ricordi. Souvent me souvient. Sur le maesté du Montmartre avec Luga e Carlo. Notre Dame avec Stefano. La Tour Eiffel avec Fulvio, Pigalle avec Barilli. Tutti maschi, oh. Rimango basito da detta selezione mnemonica. La questione figa è in effetti un tasto delicato di quel momento biografico. Io ero un ergastolano in libera uscita, un pollo a piede libero: la bellezza del somaro che riluceva in me accecante di rimando illuminava, se posso menzionarla ancora, Parigi la Bella.

Nell'epoca in cui la musica era ancora commercializzata su supporto fisico (vinile, cassetta, cd, et all.), meta per noi ineludibile erano gli Champs Elisee, dove si trovava il leggendario Virgin MegaStore, il supernegozio di musica, un paradiso per noi provinciali. Ore e ore a guardare, ascoltare, dando fondo a tutti i nostri risparmi per poi poter portar via a carissimo prezzo solo la minima parte di un tesoro che sapevamo di doverci lasciare alle spalle. Traumatizzato da questo vissuto, è dal 2000 che tripudio per i p2p, youtube e i servizi di conversione in mp3, tutti disponibili gratuitamente. Nel 1954 mia nonna si mise davanti alla televisione e non se ne staccò mai più fino al 2010, per ragioni di forza maggiore. Una cosa simile è successa a me col World Wide Web, il più grande dono di Dio ai suoi figli attraverso la loro stessa mente.

Un pianoforte a coda torreggiava sul podio dell'elegante salotto del bar al terzo piano dello stesso MegaStore: in una delle tantissime scene della mia vita tragicamente perdute alla registrazione audiovisiva, decidemmo di omaggiare gli astanti con una canzone simbolica, a suggello della nostra visita in quel ricovero per malati terminali di emozione. Eseguimmo dunque Afraid to shoot the stranger degli Iron Maiden.

Posso ora guardare con divertimento anche al nostro unico tentativo di prendere il metrò senza pagare il biglietto: ne ignoravamo i meccanismi e, credendo furbo  accedere alla stazione dall'uscita, fummo fermati e messi in terrorizzata fuga da delle porte meccaniche che si chiusero su di noi a schiaffo.

Eravamo in comitiva, ma potevamo sganciarci serenamente in qualsiasi momento: ricordo che uno addirittura si addormentò in treno durante uno spostamento e, finito con la corsa in Alsazia, ebbe una crisi nervosa. Mi si offre in questo caso l'occasione di rievocare anche una memoria più malinconica, legata a una persona che non c'è più, Fulvio, che ancor giovane lasciò il mondo, e al quale pur devo a tutt'oggi qualcosa. Una mattina, procedendo in fondo alla fila della serpeggiante scolaresca, io e lui decidemmo di svoltare a tradimento in un vicolo e perderci nella strabordante città. Ci prendemmo un'intera giornata, in visita alla Tour Eiffel, della quale rimango unico custode.

 

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