Numeri
quando ci alziamo, ci laviamo e ci vestiamo, per infilarci in un ufficio, in
una fabbrica, in un centro commerciale, ad incrementare altri numeri come noi,
quelli delle cose vendute, delle cose comprate, delle cose prodotte, perfino
delle cose scartate e rimaste lì, su uno scaffale, come per dispetto, in barba
al loro essere numeri!
Anche
i nostri pensieri sono numeri, ogni giorno apriamo gli occhi e mettiamo in fila
dei numeri: le cose da fare, le cose da acquistare, le cose da pulire, le cose
da ricordare ... se qualcuno si alza dal letto con in testa l’inizio di una
poesia o è ricco, o e’ uno sfaccendato o e’ un pazzo!
Sì’
perché, sa, sono poche le persone che
possono sfuggire a questa logica dell’essere tutti numeri e ciascuno per un
motivo molto pertinente: o sei pieno di
soldi, e puoi pagare perché qualcuno inanelli numeri al posto tuo, o al
contrario sei povero, forzatamente te ne stai senza niente da fare, ed allora
per un puro caso, per fortuna dico io, sei fuori dall’ingranaggio che ingoia
numeri per risputarne di più e di più ancora, o sei un matto, o uno che fa
finta di essere matto, non ti appartiene nessuna logica, tantomeno quella dei
numeri, e te ne freghi, scusi il termine, e sei libero di vagare con la testa e
le intenzioni.
Oppure
sei un artista, oppure, per venire al mio caso, sei un attore.
L’artista
è un privilegiato, non e’ un numero, madre natura lo ha dotato di qualche dono
speciale che gli permette di diversificarsi ed uscire dalla schiera dei numeri
(che saranno pure tutti diversi, uno più uno, poi l’altro, ma sempre una serie
sono ...), per produrre non più altri numeri ma emozioni!
Ora
lei mi sta guardando così perché sarà stato bravo in matematica da bambino e
starà pensando ai numeri primi, ma io le dirò che certo, i numeri primi
spiccano, ma non certo per produrre emozioni, solo per isolarsi, dividendosi
solo per se stessi ed al limite per uno!
Un
artista invece e’ altruista di natura, non solo produce emozioni ma le vuole
comunicare, vuole che tutti sentano quello che sente lui, vuol riprodurre
all’infinito quello che lui per primo ha sentito.
E
… ecco … l’attore … l’attore e’ l’artista degli artisti! Prende l’emozione che
un altro per primo ha sentito, la sente a sua volta e la fa sentire agli altri!
E’
come una bella scatola, di una bella carta resistente e lucida, elegante,
imbottita ed infiorettata, dentro la quale si recapita in regalo un’emozione,
l’emozione che un altro non ha saputo esprimere efficacemente, lasciandola
sulla carta, nella speranza e nell’attesa che qualcuno di buona volontà
trovasse il tempo e la voglia di andarsela a cercare e di farla propria.
In
questo mondo di numeri che le dicevo prima! E quando mai! Dovrebbe essere il
ricco, il matto o lo sfaccendato che dicevo prima!
Ecco,
ho fatto tutta questa premessa per farle capire ... il motivo di quello che ho
fatto!
Io
sono sempre stato un attore dilettante, compagnie amatoriali, in piccoli teatri
di quartiere, sul palco di qualche piazza o di qualche locale, dove se il
pubblico scarseggia ti devi frugare in tasca per dare qualcosa al proprietario
od al disoccupato che ti ha sistemato le luci o messo su un po’ di musica di
sottofondo. Dove per costumi di scena si possono anche intendere quelli di carnevale.
Pensi
che a volte e’ capitato che mi truccassi con cose trafugate a mia sorella o a
qualche donna che aveva passato la notte da me!
Ma
a me bastava, tanto l’importante era la parola detta in scena, in un modo che
servisse a trasmettere un’emozione.
Che
poi, se posso permettermi una divagazione, la maniera migliore per farlo
secondo me è sentirle per prima cosa tue le emozioni che qualcun altro ha messo
in prosa od in versi: sa cosa diceva Cechov di Eleonora Duse? “E’ così brava
perché sembra che usi parole sue”. Ecco spero di essermi spiegato.
Comunque
… ecco … mi scusi … per tornare al motivo per cui siamo seduti uno di fronte
all’altro io e lei ...
A
me bastava per non essere un banale numero, un numero chiamato a produrre altri
numeri, o almeno per non sentirmi un banale numero, che poi, tirando le somme,
è la stessa cosa, aldilà di quello che oggettivamente siamo sono le nostre
sensazioni la misura del nostro vivere piuttosto che del nostro sopravvivere.
E
quell’omuncolo, quello scarto, quell’idiota, un bel giorno si permette di
venirmi a dire che mi butta fuori dalla compagnia! Nemmeno si parlasse di
Strehler di una messa in scena al Piccolo piuttosto che alla Comédie-Française!
Oh di sicuro questa era la misura del suo sentire, quanto giustificata poi,
dovrebbe dirlo lei forse, ma d’ora in avanti certo, la scena non ci restituirà
più niente di lui!
Dice
che ha parlato con tutti gli altri e non mi sopporta più nessuno! Le mie manie,
il mio vuol fare di testa mia mentre tutti si adeguano a quello che suggerisce
lui, il regista! Oddio, scusi mi scappa da ridere … il mio pretendere chissà
che, un vero costume teatrale, quando mai, e i soldi dove pretendevo di
trovarli? Gli incassi, certo gli incassi ultimamente erano andati bene, merito
certo di quella sala in centro, accanto a quel bar- ristorante pretenzioso ma
sempre pieno ... ma di sicuro non potevo avanzare pretese assurde, c’era prima
da stipulare l’assicurazione per gli infortuni in scena!
Le
giuro che non ho mai messo in dubbio di fronte a nessuno l’utilità’
dell’assicurazione contro gli infortuni in scena, anzi, a volte nelle
discussioni che capitavano ne sono stato un fautore! E che mi sarebbe anche
andato bene un costume di seconda o terza mano, anche per dire i pantaloni così
e la giacca cosà, diversa, di un altro modello, di un altro colore, poi ci si
arrangia! E che nessuno era mai venuto a dirmi qualcosa, riguardo al mio
comportamento fuori dalla scena, che se poi nessuno si prende la briga di
venire a dirti le cose in faccia e manda avanti il regista, ecco stronzi loro
per primi! Quantomeno corresponsabili di quello che e’ successo!
Mi
scusi, mi scusi, signor giudice, sto divagando lo so... voglio concludere mi
creda, sono stanco, mi rendo conto di trasmetterle solo tristezza e pietà in
questo momento e sono sensazioni che non mi piace trasmettere fuori da una
scena …
E’
stato solo per spiegarle che non volevo tornare nella schiera dei numeri, dei
numeri privi di umanità che sanno produrre solo altri numeri, altre cose da
contare … io volevo produrre emozioni, sensazioni, ed in galera, dove molto
probabilmente entrerò nel novero degli sfaccendati, potrò continuare a farlo.
Poi
la maniera in cui l’ho fatto … avrà già capito se mi ha seguito fin qui …
proporgli, una volta tanto, di stare in scena, quella piccola parte da tre
battute dell’amante sorpreso sotto il letto … un segno di pace avrà sicuramente
pensato … la pistola di quando ho fatto il militare nei carabinieri invece del
giocattolo del nipote della prima attrice …
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