lunedì 1 agosto 2016

GLUE di Francesco Mancini

Ho appena finito di fare lo spettacolo. Il sudore fin nelle mutande, ma contento come una mamma dopo il parto. Mi bruciano gli occhi, ma sorrido, mi inchino, mi inchino. Troia, ti sei divertita, eh? Dico al pubblico. Il pubblico applaude, sorride largamente. Lo so che sono bravo, ma ditelo, ditelo ancora! Considero che differenza dei pubblici, le donne dopo l'amplesso non usano applaudire; consuetudine che se fosse introdotta, incrementerebbe l'autostima dei partner. Anche se si trattasse di un applauso un pochino finto -di cortesia- come larga parte degli applausi dei pubblici teatrali, sarebbe comunque meno colloso delle coccole, o no? A proposito di colla, abbiamo recitato al “Glue”, vicino a Campo di Marte, Firenze; uno stanzone che funge da discoteca, sala concerti, cinema e sala parto, per stasera. Una prima. Del mio Hidalgo, che ha vinto pure un premio nazionale porco boia, il premio Sipario 2012 (Pubblicità Progresso). -E' andata benissimo!- precisa Norberto una volta che siamo in camerino, visibilmente sollevato, anche lui fradicio. L’impresa è stata titanica, senza scherzi: un'ora e mezzo di spettacolo zeppa di testo e movimento, solo noi due in scena, fatta con dieci giorni scarsi di prove. Fino a mezz'ora prima dell'inizio siamo stati a far memoria, e più la facevamo, meno ci ricordavamo. Inspiegabilmente in scena ci è venuto tutto -mica siamo noi sul palco, diceva Carmelo Bene- a parte un paio di trascurabili arrostini dei quali il pubblico non puo’ essersi accorto. -Molto bene ragazzi- decreta austero Pier Pedro Pedrini, il regista, austerità che cozza abbastanza con i tatuaggi multicolori che gli sbucano dalle maniche della raffinata camicia. Bene, mi asciugo la testa e vado ad affrontare i fans. Invece si apre di nuovo la porta del camerino e sgrano gli occhi come se fosse comparso ET. Non è ET: è Anna. Resto basito perché sono quasi tre anni che non ci vediamo, ma soprattutto perché Anna non è mai venuta a vedermi a teatro, a parte quando stavamo insieme (anche allora, solo qualche volta). Anna è il mio eterno amor di giovinezza che mi è costato tanto, soprattutto di analista. Ha i capelli abbastanza corti, adesso, e veste ancora casual-povero: roba larga e sformata. L'ultima volta che ci siamo visti -da amici- ha dichiarato che non voleva più vedermi da solo, per tutto quello che c'era stato. In effetti, lì non siamo da soli, c’è un sacco di gente. -Bravi, bravissimi!- dice Anna. Ci baciamo sulle guance, cortesemente. -Che ci fai da queste parti?- sorrido -Che bello vederti! -Sai, ho visto su Internet uno spettacolo del Martini, e ho detto: dai, andiamolo a vedere. Martini? Da quando mi chiama per cognome? -Sono contento che ti sia piaciuto. -Tanto. Davvero. Ora devo andare, sono con delle amiche. -Vediamoci, qualche volta. Anna fa un gesto come a dire: sicuro, che problema c'è? Certo, se non chiami mai... Come se fossi stato io a mettere il divieto, l’ultima volta. Mi guardo allo specchio come per ritrovarmi. Quando vedo Anna, mi ci vogliono almeno dieci minuti per riprendermi. Un tempo, i mesi. Norberto se ne accorge. -Che è? -C’è stata la mia ex. -Quella era la tua ex? -Si. -E che ti piglia? -Niente, che vuoi che mi pigli? Fuori, orgia; la zoccola che è in me vorrebbe concedersi tutta spalancata, invece con gli occhi corro a cercare Anna. Sta parlando con gente che non conosco, vede che la vedo e un po’ ricambia l’occhiata, un po’ fa finta di niente. Raccolgo i complimenti senza riserve della gente, e quelli puntigliosi degli addetti ai lavori “io avrei tagliato qui, avrei cambiato là, ma perché quella scelta …”. Sorrido e li mando a cagare mentalmente, dico due palle e torno a cercare Anna che già s’è data. Ricordo che non sopportava il teatro e i teatranti, era convinta che il teatro fosse ambiente promiscuo. Magari lo fosse ancora. Già non lo era più quando stavamo insieme, cara, l’era dei pesci è finita e finisce sempre più... Le scenate che mi faceva! A pensarci bene, cosa cazzo mi guardo in giro pavido come una sedicenne? Primo: non stiamo più insieme da un pezzo, secondo: mi ha fatto vedere i sorci verdi, porco boia! Dopo la ronda dei saluti, dopo aver bevuto che c’era bisogno, mi apparto appena fuori dal locale con Norberto, Pier Pedro e quelli del Glue per spartire il malloppo dell’incasso. Simbolico, per carità. Sapete, cari lettori ignavi, come funziona nei teatrini per i soldi? Ve lo dico io: 70% alla compagnia e 30% al teatro, al netto delle spese Siae. Lo so che non ve ne frega niente, ma ho deciso di essere onesto, almeno nella scrittura. Per il cibo, al Glue offrono qualcosa tipo zuppa di farro o simili, io e Norberto optiamo per un bel luridissimo panino alla salsiccia zeppo di salse al chioschino della mitica Piera, davanti al Palasport, che ora si chiama “Mandela Forum”. Saluto Norberto, fantasticando con lui che un giorno faremo l’Hidalgo alla Pergola, garantito, poi mi avvio alla macchina pensando che i miei capelli sono ancora parecchio bagnati. Sono in fissa coi capelli, io. Ognuno ha le fisse sue. Vedo che appoggiate alla mia macchina ci sono delle persone, il parcheggio è quasi vuoto. Mi preparo a chiedere ai suddetti gentilmente -non si sa mai- di spostarsi dalla portiera che devo salire, quando vedo Anna. Esce fuori dal gruppetto come da una quinta. E mi squadra, di rinterzo. Con lo sguardo m'asseconda, poi primeggia. Il gruppetto sono due gonzi ben piazzati, due dei centri sociali che lei ama tanto, a giudicare dall’abbigliamento e dal capello. La trovo in piedi davanti a me a un metro di distanza, mi guarda in un modo che non riesco a decifrare. Poi fa un cenno ai tipi che m'afferrano subitanei. -Ma che cazz… Anna sventola davanti a me la sua dolce manina, piena di anelli che non le avevo mai visto prima, poi mi molla un rovescio sulla guancia destra. -Ma sei rincretinita? Oh, lasciatemi! I tipi mi tengono serrato in una morsa, sono belli forti, noto. -Sai che se avessi voluto fare dei figli con me adesso saremmo una famiglia?- mi molla un'altro rovescio sulla guancia opposta, operando una gran torsione del busto e arrivandomi con tutto il peso del corpo. Sospetto che si sia allenata. Spero non si sia specializzata in capoeira e non usi anche i piedi. Sento il sapore metallico del sangue in bocca. -Un uomo che scappa sempre che uomo è? Hai un bell'infarcire le tue fughe da coniglio con la filosofia, sei solo uno che si caga sotto, secondo me. Mi viene in mente una frase di Platone: Fuga è rendersi simili a Dio, ma non mi pare il caso di citarla. Intanto un'altro colpo robusto mi becca lo zigomo destro, e il sangue questa volta lo vedo schizzare proprio, poi l'occhio destro mi diventa una macchia scura. -Stai rivangando cose di anni fa! Io sono tornato, lo sai bene, sei tu che poi non mi hai più voluto- sputo sangue -Io c'ero e non c'ero, lo so, sono immaturo, ma tu eri come me, non dire di no! -Io ero pronta, eri tu che scappavi! Ero immatura perché lo eri tu! M'arriva un'altro colpo sempre a destra, l'orecchio attacca a ronzarmi come un'antifurto. -Sei proprio un ragazzino, un fantoccio falso, vittima di tua madre! -Ora non fare la psicologa della domenica! Lei mi si piazza davanti alla faccia. Ha gli occhi rossi, o è un'impressione mia? Ma che è, un horror vero? Si china con calma, non riesco a vedere esattamente cosa prende in mano. Un bastone? Una spranga? Prima che riesca a decifrarlo, un tonfo sordo mi piomba alla radice del naso, e non sento più nulla. Panico, ambulanze, uno dei due energumeni mi sputa, oppure sono morto, il prete sentenzia che ero un bravo ragazzo, dopotutto, il funerale sembra un film, tutti sono in nero e piangono, anche Anna (un bel coraggio!) Mia zia, piangendo, deposita una scodella di pasta e fagioli sul feretro. Mia zia? Ma se è morta da anni! Pasta e fagioli? Mi sveglio. Sono un bagno di sudore. Un sogno! Un sogno grazie a Dio! Vado in bagno e mi lavo la faccia. Che è successo? Ieri ho fatto lo spettacolo al Glue, è stato bello, c'era Anna, molto insolito, e poi? L'ho salutata, mi ha lasciato il suo numero di telefono nuovo, ce l'ho sul comodino. La chiamerò? No. Per ora no


 

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