Esatto, siamo già arrivati a questo punto: in
un convulso frullìo d'ali la nostra giovinezza s'involò, ed eccoci qui canuti a
spiegare ai giovinastri la grande musica dei nostri tempi che furono. Non
Freddie Mercury, al tempo già cibo per vermi, non i Guns'n'Roses, ormai persisi
per strada, né gli acclamatissimi Nirvana, Soundgarden e Pearl Jam, ma le
Spice.
Le Spice Girls. Sì, perché nei mitici '90s me la
vidi abbastanza brutta: per me la musica era anfetaminico misticismo e gloriosa
celebrazione dell'ormone, su tinte possibilmente fucsia-puttana, porpora-sbocco
o nero-fluo, e quindi non riuscii mai a conformarmi all'ondata grunge. Vivevo
come un reietto, ostracizzato da tutti quei circoli musicali “seri” che avrei
poi visto morire fra i rantoli (o ancor peggio reincarnarsi malissimo) all'alba
dei duemilas, col revival degli Eighties e il ritorno del plastic-pop.
Gli Aqua non potevano certo bastare, e così, sparute congreghe di metallari mi
accordavano talora la loro benevolenza e io ricambiavo: l'esaltante musicalità
hard&heavy restava in quell'ultima decade del Novecento la mia sola àncora
di salvezza. Almeno fino alla pubblicazione del più devastante debut hit
single di tutti i tempi: Wannabe.
Ora, se una serie di commenti biecamente
sessisti non corrisponde al vostro ideale di lettura piacevole, è forse il caso
che passiate direttamente ad un altro contributo di questo numero della nostra
prestigiosa rivista. Tutti gli altri allupati possono tranquillamente
proseguire.
Era un ozioso pomeriggio estivo del '96, e MTV
stava come al solito abusando della mia inerzia, propinandomi la sua ignobile heavy
rotation di boy-bands e inascoltabili grungettoni. Mai che passassero roba
di mio specifico gusto: ero ridotto al punto di esultare per la pregevole Save
Tonight di Eagle Eye Cherry o di plaudire all'esordiente Niccolò Fabi e
alla sua orecchiabile Dica, come anche di gradire qualsiasi cosa dei
Blur o dei Supergrass. Poi, col tempo, ho imparato ad amare anche la roba che
mi lasciava indifferente (tipo gli Smashing Pumpkins, o gli Oasis, o i già
citati Nirvana), ma all'epoca ero un intransigente quanto semplicista
succhiatore di vita. Insomma, com'è come non è, bastò il primo minuto del loro
primo video ed ero già fan delle Spice Girls.
Wannabe era una deliziosa
frustata sulle chiappe, una ventata d'aria fresca e uno sberleffo britannico al
depressivo machismo del Seattle sound; la cosa bella fu che tutti
capirono immediatamente che non si trattava di una delle solite, effimere,
merdate pop, ma di una novità potente, se non alla Beatles, comunque, e con le
debite proporzioni, di portata similare: in ogni caso era qualcosa che non
sarebbe passato inosservato e che anzi avrebbe dettato i prossimi, durevoli, fashion
trends (le zeppe in primis!). I ragazzi coi capelli da cocker e i maglioni
spigati tentarono in ogni modo di screditarle, pur senza staccare gli occhi
dalle loro anche ondeggianti: ma le cinque inglesine sbaragliarono ogni
ostacolo e in pochissime settimane ascesero al trono dello stardom.
Le mie preferite, da subito, erano Geri e Mel
B; le altre non erano propriamente i miei tipi, ma nel mucchio una botta non si
negava a nessuno. Emma era occhei, ma non sono mai impazzito per le bionde
platino, cioè, cerco altro, non mi fermo ai capelli; Mel C aveva la miglior
voce del quintetto, ma difettava irrimediabilmente di sex-appeal, una mancanza
soggettivamente acuita dalla mia totale indifferenza per la pratica agonistica.
Con Victoria, infine, non c'è mai stata chimica, sopratutto perché praticamente
non cantava: nondimeno, per tutti gli anni a venire il mondo l'ha adorata come
strafiga classy, ma a me non ha mai detto granché come ragazza e tanto
meno come artista. Sono comunque certo che non ha mai sofferto per questa mia
tiepida considerazione nei suoi confronti.
Riguardatevelo, il video di Wannabe:
ovvio che la canzone non l'hanno scritta loro e che quel successo e i seguenti
furono genialmente architettati da un team di strateghi dell'industria
discografica, ma le ragazze, innegabilmente, ci sapevano fare. Quanto bastava
per catalizzare l'attenzione di un miliardo di persone.
I capezzoli delle due Mel schizzavano
impietosi da sotto i toppini attillati, Geri miagolava e Emma faceva le fusa,
Victoria era ancora sopportabile. Insomma, un'apoteosi scandita da un riff di
marimba (ocosacazzè) e da vocalità gorgiosamente irriverenti. Ciao Kurt, riposa
in pace. Hasta manana, nello walkman dei repressi.
Non facemmo neanche in tempo a ripulirci coi
kleenex che subito uscì Say you'll be there, e buonanotte al cazzo. Non
so se ve la ricordate, musica suadente e ritmata, con suoni azzeccatissimi, e
un video che rilanciava su scosciate ipnotiche e maliziosi ammiccamenti in un
neanche troppo inconscio richiamo alla filmografia pettoruta del grande Russ
Meyer. E poi, in una morbid sequence che finì col rincitrullirci,
seguirono a nastro 2 become 1 e Who do you think you are?
Già all'inizio del 1997 il mondo ne voleva
ancora. L'auspicato come-back e la conferma del loro successo planetario
non si fecero attendere troppo. L'autunno seguente sfornarono un altro
gigantesco calcio nei coglioni dei perdenti in la minore, con l'acclamato Spice
World.
Faccio un esempio banale. Vi capita mai di
risvegliarvi e trovarvi catapultati nel video di Spice up your life? No?
Ecco, vedete? Se non c'è empatia fra Autore e lettori, cosa continuo a fare?
Meglio finirla qui.
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