venerdì 5 febbraio 2016

PICCOLO AMORE FOLLE di Andrea Mitri


Che lei fosse un po’ strana l’aveva capito fin dal primo appuntamento. Il tailleur di marca con tanto di borsetta perfettamente intonata, i capelli a posto e l’aria tra il sorpreso e il consapevole, avevano ben presto lasciato  posto, la sera stessa, alla vera lei: quella che gli si sarebbe insinuata dentro piano piano. Un po’ alla volta, perché lui non era il tipo da innamorarsi catatonico fin dagli inizi: gli ci voleva quel giusto tempo di scopertura reciproca, per poter sbloccare le valvole di prevenzione del dolore che lo abitavano. E quando finalmente si innamorò, quasi perdutamente, le piccole stranezze che ne popolavano le apparizioni, parvero lui meraviglioso mondo da perseguire, piuttosto che segnali di propensione alla follia da considerare.

E’ vero, ogni tanto parlava da sola a voce alta, probabilmente con un sé interiore appena appena non dotato di perfezione acustica, oppure contava i passi che la separavano da una porta all’altra o ancora osservava a lungo le nuvole del cielo, alla ricerca di forme riconoscibili da condividere con entusiasmo con lui. Ma egli le considerava non più di cose, che ogni tanto noi tutti facciamo, magari con meno frequenza ed in maniera meno esplicita.

E nell’amarla , non aveva percepito che lei credeva anche di vedere le anime morte.

Ci parlava, ci conviveva; con tranquillità, fino a quando le stesse non erano in grado di abbandonare lievemente la terra, senza più farsi carico delle cose lasciate a mezzo, degli insuccessi, delle preoccupazioni. Parenti perlopiù, ed amici. Raramente qualche vagabondante disperso in cerca di comprensione. Ma lui non lo sapeva.

O perlomeno, non lo seppe fino a quando lei, un giorno, lo coinvolse, chi lo sa quanto involontariamente, in una discussione con la madre, che lui, giustamente, per impedimento di presenza, non aveva potuto conoscere. Si trattava di stabilire se lei sapesse cucinare l’agnello o no. Discussione abbastanza inutile, ebbe a ripensarci dopo, considerando che se lui avesse avuto la capacità di interloquire con l’aldilà, avrebbe piuttosto cercato di farsi dare qualche dritta sulle grandi domande filosofiche che lo avevano distratto in gioventù.

Ricacciando in fretta e furia lungo l’esofago il panico che aveva subodorato in arrivo, rispose che lui non era un amante della carne in particolare, ma che comunque a lui piaceva come aveva Agata cucinato l’agnello, quelle due o tre volte che era capitato. Non attese risposta: uscì dalla stanza e andò a stendersi sul divano ad osservare il soffitto.

E da lì decise di provare a capire.

Assecondò da allora, per interposta persona, la presenza, casalinga più che altro, di nonno Amintore, partigiano sopravvissuto ai tedeschi e morto per un bagno fuori stagione; le passeggiate con la compagna di università Luisa Falleri, deceduta qualche anno prima di un brutto male e l’arrivo di altri personaggi minori che più raramente si presentavano. A volte partecipò senza capire alle discussioni, a volte finse mal di testa insopportabili, a volte, pianse, prima di suonare il campanello di casa sua.

Anche perché, occasionalmente, gli pareva di percepire che alla lunga, il raffrontarsi con codeste anime apparenti, non suscitasse in Agata la gioia che tutte le altre piccole follie sembravano regalarle. Quando accadeva ora, si ritirava, alla fine, in un mutismo temporaneo che a lui procurava un dolore immenso. Perché, a sentirla, le anime non facevano altro che lamentarsi delle cose a terra abbandonate, della loro vita sofferta, e così facendo più difficile rendevano il riuscire far loro capire che bisognava mollare.

Ne risentì anche il loro rapporto, in cui sempre più andò insinuandosi la leggera convinzione, che l’uno non capisse l’altro e che forse non erano fatti per stare ancora lungamente insieme.

Per questo, nonostante le remore e la paura, gli si aprì il cuore il giorno in cui lei scoppiò a ridere nella stanza a fianco e poi venne in cucina a dargli un bacio sul collo, come a lui piaceva e come ultimamente mai era accaduto. Fu il segnale di inizio di un periodo migliore. Lei cominciò a comportarsi sempre più normalmente, smettendo di parlare in sua presenza con chicchessia di non visibile, raramente contando i passi dal bagno alla cucina, addirittura accompagnandolo al cinema a vedere “Il segreto dei suoi occhi”. Solo di tanto in tanto ancora sorrideva o ridacchiava nello spazio vuoto che la circondava. Ma a lui non importava, bastava che si riamassero.


Ma il giorno in cui mentre faceva benzina al self service, la vide girarsi verso il sedile vuoto e ridere piena di gioia e di bellezza, capì che niente era cambiato e che anzi lei aveva ora un’anima preferita, con cui condividere non rimorsi ed infelicità, ma allegria e gioco; e che tutto questo avveniva alle sue spalle. Sentì un calore grande, salirgli dal petto agli occhi e da questi alle mani tremanti e gli passò in un lampo nei pensieri, la consapevolezza che non avrebbe potuto combattere con un altro, soprattutto con un altro che non avrebbe potuto uccidere, come in quel preciso momento gli venne voglia di fare.
Semplicemente non rientrò in macchina. Si allontanò a piedi verso la provinciale, camminando a lungo fino ad imbattersi in un bar ripieno di ciclisti in pausa Gatorade. Ordinò un rhum , e poi un altro e un altro ancora. Quando uscì barcollava e aveva 50 euro di meno in tasca.
Fu allora che lo vide.
Lo riconobbe da un paio di foto che Agata gli aveva fatto vedere, nei primi tempi della loro storia, quando più ci si racconta il passato, nel tentativo di rafforzare il presente: era Giorgio, il suo ex fidanzato storico, con cui si era mollata sei anni prima, in maniera molto civile, e che giurava di non aver più rivisto.
Era lì, due passi fuori dal bar, dritto nella nebbia, che durante il giorno si era ispessita. Gli sembrò che si stringessero la mano, prima che lui gli sorridesse, gli voltasse le spalle e se ne andasse. Gli sembrò anche che lui gli dicesse “sei una brava persona”.
O perlomeno, così gli parve, perché nel momento in cui crollava al suolo vinto dall’alcool circolante nel suo corpo, tutto quello che percepì era la bocca di lei che lo riempiva di lacrime e baci.
E non capiva se era morto o vivo.
 


 

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