venerdì 5 febbraio 2016

COME FU CHE IMPARAI AD AMARE di Narciso Fenice Ramparti


Era ormai sera e nessuno di noi sapeva nevicare. Chiamato a gran voce, dovette scomodarsi il giovane Culo per cavarci d'impaccio come al solito: ricurvo sulla mulattiera, ci mise del bello e del buono, ma con la sua consueta lena riuscì infine a sventrarci. A quel punto esclamò soltanto 'Mio Dio! Mio Dio! Che Cosa ho fattooooo!!! Dannata Per Sempre è ora la mia anima!!! Noooooo!!!!', e si allontanò precipitosamente per darsi alla macchia.

Ora, se qualcuno, passando e scorgendo quest'umile memoria, si azzardasse a pisciarci sopra, possano i suoi figli nascere ciechi, possa la sua lingua tumefarsi orribilmente, così come i suoi coglioni e le sue budella.

Ma tu, pio viandante che fallo non coglie, fermati e riposa: lunga è la strada, e di problemi, mi rendo conto, ne hai tanti pure te.

Piacciati così leggere queste amare righe, sia pure bizzarre, certo sofferte, forse viete, ma di meati mute. Léggile, e poi vediamo se vai ancora in giro a vantarti di essere un  bomber. Attenzione, però: da qui in avanti si registra uno scalzamento analettico dell'io-narrante (mi sembra onesto anticiparlo).

Io davvero non lo so. Cioè, esci per colpevole inerzia con sta gente che poi fa dei versi che io non lo so. Robertino era sdraiato. Quell'altro bischero, che mi chiama col telefonino del Tuca e mi fa gli abbocchi, pensavo fosse il Santa! E allora ho richiamato il Santa che stasera non avevamo intenzionalmente invitato: sei  minuti lì a dirgli 'Grande Santa! E allora? Sei un grande!' Sì, anche il Tuca sdraiato, la Babi di fuorissima, poi il Greppo con della gente che non conoscevo e che alla fine non ci avevano neanche i soldi. Io volevo scomparire.

'Scomparire', soggiunge straniato il nostro stolido quanto estemporaneo protagonista su una lunga dissolvenza. Potrebbe essere la più felice e fortunata uscita di scena nella storia della letteratura teatrale: ma noi invece, vuoi per modestia vuoi per pura leggiadria, lo salveremo prima che possa essere inghiottito dall'ombra. E così sarà di noi, nomi scolpiti sul cobalto degli ultimi eroici esploratori, che fieri riuscirono a vergare imperituro monito, sicuri che per una notte ancora i feroci Masticatori di Carne non sarebbero riusciti a pren

 

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