Arrivai col fiatone, nella speranza che
vedendomi affannata, forse mio marito sarebbe stato più clemente nei confronti
del mio ennesimo ritardo. Ci sarebbero stati Anna, Thomas, Loredana e gli altri
amici italiani. Infilai la chiave nella porta, preparandomi a sorridere come se
non avessi passato la giornata al lavoro, ma sdraiata in una SPA a farmi
massaggiare da un turco tailandese. Eppure ero uscita dal lavoro 45 minuti
prima, prendendomi le occhiate torve di Oscar; 22 minuti in bus, 18 di auto,
l’arrivo quasi in orario, quando il biglietto di mio marito era spuntato dal
portafoglio. “Salsa”. La maledetta salsa rosa per la sua Famosa Cena di Pesce
con gli amici italiani. 4 minuti e 38 secondi per raggiungere l’alimentari
sulla Mead, 17 minuti di coda, salsa rosa da tre sterline al grammo, e quindi
via verso casa.
Girai la chiave, aspettandomi di sentire il
chiacchiericcio della cena che sta per essere servita in tavola.
Niente. Luci spente. Nessuno in casa.
Possibile? Si erano così stufati dei miei
ritardi che si erano tutti infilati di nuovo il cappotto ed erano usciti?
Marito compreso?
Rimettendo a posto la cucina, la tavola,
tutto?
Davvero?
Guardai la mia salsa rosa, la responsabile
della fine del mio matrimonio.
Salsa.
Un momento.
La famosa cena di pesce del venerdì. Oggi è
mercoledì: sono una moglie psicotica, ma il calendario non mente.
Salsa.
La Famosa Sera dedicata al Ballo
Latinoamericano del mercoledì sera. Musica, maestro.
Salsa. Alle 21. Dall’altra parte della città.
Guardai l’orologio. 20.56.
Mezz’ora di ritardo. Erano dolori.
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