domenica 4 ottobre 2015

SALSA ROSA di Monica Capomonte

Arrivai col fiatone, nella speranza che vedendomi affannata, forse mio marito sarebbe stato più clemente nei confronti del mio ennesimo ritardo. Ci sarebbero stati Anna, Thomas, Loredana e gli altri amici italiani. Infilai la chiave nella porta, preparandomi a sorridere come se non avessi passato la giornata al lavoro, ma sdraiata in una SPA a farmi massaggiare da un turco tailandese. Eppure ero uscita dal lavoro 45 minuti prima, prendendomi le occhiate torve di Oscar; 22 minuti in bus, 18 di auto, l’arrivo quasi in orario, quando il biglietto di mio marito era spuntato dal portafoglio. “Salsa”. La maledetta salsa rosa per la sua Famosa Cena di Pesce con gli amici italiani. 4 minuti e 38 secondi per raggiungere l’alimentari sulla Mead, 17 minuti di coda, salsa rosa da tre sterline al grammo, e quindi via verso casa.

Girai la chiave, aspettandomi di sentire il chiacchiericcio della cena che sta per essere servita in tavola.
Niente. Luci spente. Nessuno in casa.
Possibile? Si erano così stufati dei miei ritardi che si erano tutti infilati di nuovo il cappotto ed erano usciti? Marito compreso?
Rimettendo a posto la cucina, la tavola, tutto?
Davvero?
Guardai la mia salsa rosa, la responsabile della fine del mio matrimonio.
Salsa.
Un momento.
La famosa cena di pesce del venerdì. Oggi è mercoledì: sono una moglie psicotica, ma il calendario non mente.
Salsa.
La Famosa Sera dedicata al Ballo Latinoamericano del mercoledì sera. Musica, maestro.
Salsa. Alle 21. Dall’altra parte della città.
Guardai l’orologio. 20.56.
Mezz’ora di ritardo. Erano dolori.

 

 

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