domenica 4 ottobre 2015

COME UN ANGELO di Sabrina Carollo

Dicono che quando stai morendo tutta la tua vita ti scorra davanti, come un film. Davvero non capisco quale immaginazione zoppicante possa aver prodotto una simile fesseria.

Analizziamo la cosa logicamente: se stai morendo per una malattia, con tutta probabilità sei sedato da dosi cavalline di antidolorifici. In quel caso, la strada che più probabilemente imboccherai sarà quella del sonno progressivo, scivolando poi in quello eterno. Cosa vuoi che succeda al tuo cervello annichilito dalla chimica, che vada a riaprire i cassetti impolverati della memoria, ad uno ad uno, in ordine alfabetico come i vecchi, infiniti schedari delle biblioteche di fine novecento per estrarne il contenuto vivificato come una foto in HDR?

Se stai morendo di schianto, neanche a parlarne. Non stai morendo è tipo ZAC! E sei morto. Neanche il tempo di una corsettina nella sede più remota dei ricordi, probabilmente quella sede è già bell’e spiaccicata.

E vogliamo ipotizzare la morte più lucida, quella di quando ti suicidi? Facciamolo. Anzi, siccome sono in piedi sul parapetto di questo viadotto dell’autostrada, posso confermare con certezza matematica che nemmeno in questo caso avviene. Nessun cinema con sottotitoli e musica romantica. Rimane tutto esattamente uguale a un quarto d’ora fa, a una settimana fa, a un anno fa.

Mi viene quasi da ridere. Quello che vedo sono le stesse fotografie, singoli fotogrammi che non si muovono per un cazzo, soundtrack di merda, solito dolore alla bocca dello stomaco. E forse è pure meglio così. Del resto se sono qui è proprio perché so perfettamente tutto quello che è è stato e non vedo prospettive di nuove pellicole in uscita. Il film rimane identico a se stesso, incastrato su fotogrammi sempre uguali.

Sono qui perché voglio vedere cosa c’è dopo. Voglio finalmente girare questa cazzo di pagina e guardare dietro le parole stampate. Sono stufo di rimanere incastrato in questa puntata infinita, eterno giorno della marmotta dove non sento alcuna gioia ma solo un disagio sordo e costante.

Non ho paura, anzi. Sono curioso di vedere cosa succede. Un po’ l’impatto mi spaventa, lo ammetto. L’idea del botto, di poter sentire quel dolore come quando da bambino cadevo lungo disteso come paperino e sentivo tutto rintronare. Ma immagino sarà la frazione di un secondo. Riesco a visualizzare le ossa che si sfracellano, quasi rimbalzano. Il botto della scatola cranica, il cuore che scoppia. Sarà un attimo, ne sono certo. Nessun male, nessun film. E finalmente succederà qualcosa di bello: sarò libero di non sentire più.

Allargo le braccia – me lo sono sempre immaginato così.

Hop.

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