domenica 7 giugno 2015

IL GIORNO PRIMA di Fabio Langellotti

Armando come sempre era pronto. Aveva fissato con Giulia per l’appuntamento rituale del mercato in piazza della domenica, davanti al  Bar Commercio, alle 10.
Ed erano le 10.30.
L’aspettava vestito della felpa blu con in mezzo lo scudo bianco e rosso e la stella centrale di Capitan America e un paio di jeans strappati; non per moda. Il giorno successivo sarebbe venuta la madre a rifornirlo di abiti e soldi.
Giulia arrivò di corsa sorprendendolo da dietro “Buh” fece ridendo.
“Giulia caspita ma se diciamo le 10 non è che puoi arrivare quanno te pare! “
“Armà, io so’ na donna, mezz’ora non è ritardo.”
 Giulia si era presentata con un paio di jeans stretti che, su quelle gambe, la facevano assomigliare a un fenicottero,  e una maglietta bianca con scritto “SEPARARE LA FORMA DAL CONTENUTO- ROBA DA DESIGNER”  con la parola forma precisa nel punto del corpo dove acquistava un senso.
“Annamo dai” e prese Armando sottobraccio.
 “Giulia sei sicura? Senti il silenzio, la calma, la pace. Se giriamo l’angolo è l’inferno, ci saranno sei milioni di persone!”
“Semo a L’Aquila mica in Cina!”
Armando aveva conosciuto Giulia in mensa universitaria, nel momento in cui chiedendo il petto di pollo col purè aveva tradito l’origine frusinate: “Sei ciociaro pure te ?” si girò all’improvviso Giulia, lasciando il vassoio con le verdure.
“Si di Sora” sussurrò Armando.
“Ma dai! io de Arpino” gridò invece la ragazza.
Da quel momento iniziò la loro amicizia fatta di complicità in una città a 100 km dalla loro, serate a preparare gli esami, domeniche al mercato e chiacchiere sui disperati e volubili amori di Giulia.

La piazza, a lastroni larghi in pietra,  pendente  a partire dalla fontana centrale, era ricolma di bancarelle. Coi loro tendoni, per lo più bianchi,  si spartivano lo spazio incastrandosi uno con l’altro tipo tasselli del Tetris. I corridoi che si formavano, erano straboccanti di gente di ogni età che approfittava della giornata calda per riversarsi fuori casa.
“Si Giulia, però promettimi che non ci fermiamo alle bancarelle dei vestiti. Tanto non hai soldi.”
“Me lo paghi te!” le si rivolse facendo l’occhiolino in modo malizioso.
“A Giù, lo vedi ? Vado in giro coi pantaloni bucati. Ma secondo te, se avessi i soldi, uscirei la domenica con la felpa di Capitan America?”
“No , nun te se po’ vedè!” Giulia si fece avanti per andare al banco della frutta e mentre sceglieva le fragole –una a una- girava la testa facendo dondolare  la coda di capelli neri. Armando la guardava e si chiedeva se meritava di poter ammirare tanta bellezza.
Così per distogliere lo sguardo prese un mazzo di  asparagi raccolti con un elastico, i lunghi gambi dei porri, quattro pomodori pachino e iniziò a comporre la bandiera italiana.
“Dai Armà e smettila. Andiamo!”
Continuarono, superando prima un’anziana alta come il trolley che trascinava, ricoperta da uno scialle di lana nero e col viso raggrinzito e bruciato dal sole, indecisa tra il banco del pesce e quello della carne. Quindi due  ragazzini, entrambi  con le tempie rasate e un enorme ciuffo a coprire la fronte,  che stavano accendendosi una sigaretta guardandosi attorno per cercare persone da cui non farsi vedere. Armando si fermò al furgoncino degli insaccati e dal bancone sopra elevato si affacciò una signora rotonda, con le gote rosse e un sorriso avvolgente, vestita con una maglietta bianca troppo poco contenitiva, avvolta da un  grembiule a quadri bianchi e rossi che regalava tepore e serenità. Dietro di lei erano sospesi quattro prosciutti e un numero imprecisato di salami con tutte le tonalità del rosso, fino al marrone,   che inondavano l’aria del loro profumo di carne, fumo, sale e attesa.
 “Signora” esordì Armando “mi dà una salsiccia di fegato” si girò verso Giulia che fece un smorfia “ e una ventricina aquilana piccante”
Giulia si voltò distrattamente verso la porta della chiesa delle Anime Sante e vide spuntare fra le decine di teste ondeggianti, Marco insieme alla sorella Sara.
Sara era una di quelle ragazze che in tempi di politicamente corretto si definirebbe problematica. Aveva i capelli fini biondi, né corti né lunghi, raccolti a formare una minuscola coda. Gli occhi, azzurri, provavano a farsi spazio tra la fronte liscia bianca e lunga come le scogliere di Dover e le guance troppo piene per potere stare in un unico viso. La bocca poi sembrava un taglio dei quadri di Fontana tra il naso e il doppio mento. Viveva in simbiosi col cellulare dallo schermo di 5,2 pollici, che teneva stretto fra le mani vicino all’orecchio. Sara saltellò incontro a Giulia incurante dei colpi che portava alla gente vicino ai banchi e la abbracciò fino a stritolarla
“Bella sei Sara, ma quanto sei bella!” Sara la baciava in ogni punto delle guance.
“Armà bravo compra un po’ de salsicce che quando venimo da te ce dovemo  sempre portare tutto da casa” si avvicinò Marco.
“Ma infatti, ma chi te ce vò a casa” Marco era di Ceccano, anche lui a studiare nella città abruzzese, e partecipava alle cene ciociare che spesso organizzavano. Giulia, dalla prima volta, quando lo guardava si illuminava, e Armando lo sapeva.
“Dai regà ve lasciamo che mi sorella vuole un gelato. Venite da noi mercoledì che guardiamo la Champions ? Ce sta Liverpool Chelsea mica cotica!”
“Dai si, porto la Ventricina” rispose Armando che dentro di sé faceva i conti di cosa fosse più economico rispetto a dover portare un dolce o le birre.
Giulio e Armando continuarono e vennero attratti dall’odore grasso di latte e caglio. Si fecero spazio tra la gente accalcata al vetro di plexiglass al di là del quale troneggiava una bacinella piena di acqua da cui emergeva la rotondità di almeno dieci mozzarelle.  Accanto accatastati in modo disordinato,  forme diseguali di pecorini di varia stagionatura. Quindi tre contenitori conici bianchi, con aperture rettangolari nei quali era riposta la ricotta. Giulia li guardava con avidità e Armando la osservava mentre con due dita  accompagnava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Gli sembrava un gesto talmente elegante e sensuale da sconvolgere ogni leggi della fisica che era costretto a studiare in facoltà. Poteva ricordare ogni singolo istante passato con lei, e il suo cervello si adoperava a cercare scuse e occasioni per trascorrerne altri.
Le campane dalle torri del Duomo suonarono; all’attuale folla si sarebbero aggiunti bambini urlanti in pantaloncini corti che correvano, donne su tacchi del tutto inadeguati per quella pavimentazione scoscesa, signori attempati con la giacca della domenica e cravatte annodate troppo corte davanti e troppo lunghe dietro, anziane col cappellino il ventaglio e l’immancabile vestito nero, perché c’era sempre un lutto a cui aderire.
“Armà dai annamo se no non usciamo più dalla piazza. Senti, oggi pomeriggio sto a casa a studiare che ho l’esame di Scienza delle Costruzioni. Stasera chiamami che vediamo cosa fare in settimana!”
“Sto a casa anche io. Passerò la notte sul libro di Meccanica Quantistica ”

La sera Armando, dopo averla sentita le mandò il consueto messaggio di buonanotte. Da quel momento, regolarmente, prendeva e posava  il cellulare in attesa della risposta.

Giulia quella sera gli stava  scrivendo che si era sentita sola. Che le sarebbe piaciuto fosse passato a trovarla, perché era  una presenza essenziale nella sua vita e avrebbe voluto capire in quale ruolo.

Armando stava odiando nello stesso modo il principio di indeterminazione di Heisenberg e il suo Iphone che non segnalava messaggi . Decise, per la prima volta nella vita, di prendere  l’iniziativa. Afferrò il cellulare, cliccò sulla nuvoletta degli  sms  e le scrisse  “Giulia lo so che sto facendo una cazzata ma te lo devo dire: tu sei più di un'amica e te lo scrivo perché non riuscirei mai a dirtelo in faccia."  Guardò l’ora: 3:15. Rilesse il messaggio, fece per digitare la scritta blu Invio, poi ci ripensò. Ripete questo rituale altre tre volte. Alle 3:31 si decise.
Quindi il boato.

Ore 3:32 , L’Aquila non sarebbe mai più stata quella di prima.

Alcuni ore dopo vennero trovati senza vita i corpi di Giulia Carnevale e Armando Cristiani Entrambi tenevano stretto un cellulare in mano. E su tutti e due gli apparecchi c’era un numero uno rosso sopra l’icona verde degli sms.




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