sabato 28 febbraio 2015

LA POMPA DI BENZINA di Fabio Langellotti

Il cielo sopra Montedoro è sempre incomprensibilmente azzurro.

Mentre Saro stava leggendo il suo libro, d’un tratto sente il rombo di un motore. Supera il bancone, apre la porta ed esce a vedere. La pompa di benzina , blu scura, assorbe ognuno dei 43 gradi che incendia la giornata. Guarda a destra e sinistra, vede la polvere alzata in lontananza e poi il consueto paesaggio deserto.
Quando il padre gli comprò la licenza, sembrava imminente la partenza dei lavori della nuova superstrada. Avrebbe  unito Palermo ad  Agrigento e sarebbe passata proprio davanti a quella pompa.
Dopo 3  anni le ruspe sono ancora ferme davanti al distributore.
Ogni mattina Saro si alza alle 5, passa davanti al Bar Sciandra, bussa alla serranda mezza abbassata, la supera si appoggia al bancone, beve il caffè che Petruzzu gli ha già preparato e scambia le prime parole della giornata.

”Petruzzu me lu facisti u cafè ?”
“Tardi venisti oggi. Che successe ?”
“Mè patre mi chiamò per impustargli i canali del televisore,  ché deve vedere UnoMattina. Col digitale non vede più una beata minchia”.

Quindi esce di corsa e va ad aprire le pompe, come se lo stessero aspettando.
La sua giornata inizia facendo i conti: per fortuna la benzina non marcisce altrimenti adesso sarebbe ad Agrigento, come i suoi amici, custode precario nella Valle dei Templi o stagionale da cameriere a Porto Empedocle.
Quella pompa è la sua scommessa, quando inizieranno i lavori per la superstrada le cose cambieranno.
Alle 10, come tutte le mattine, arriva Gaspare sul Ciao a portargli la brioche col gelato e a fare il pieno. “Sempre tra i libri stai ?” “Nessuno passò oggi Gaspare.”
Trascorreva il tempo con i suoi migliori amici: Fedor, Gabriel Garcia, Ernest. Ma appena il caldo opprimente avesse dato tregua sarebbero arrivati gli operai e lui non avrebbe avuto il tempo neanche di fiatare. Così aveva comprato il computer e il cellulare che però, non essendoci linea, teneva chiusi in cassaforte. Ma non appena la Superstrada fosse finita, Montedoro sarebbe diventata uno snodo fondamentale e le compagnie telefoniche li avrebbero collegati al mondo.
Quel sabato mattina Saro si alza diversamente. Prima del suono della sveglia. Corre alla pompa senza fermarsi al bar. Il calore  sembrava avesse allentato il morso alla gola. Le colline brulle colorate dal giallo e dal nero del sole infuocato parevano mostrare i primi segni di un nuovo verde. Di buona lena apre il baracchino, tira fuori i cartelli coi prezzi della benzina e le offerte per i cambi dell’olio e il cellulare dalla cassaforte per provare ad accenderlo.
In lontananza sente il rumore di un motore. Ma non di quelli conosciuti dei compaesani o quello a pieni giri di chi sembra voler scappare da Montedoro. Vede una Golf grigia mettere la freccia verso la pompa. Alla guida una ragazza bionda, sola, che non poteva avere più di 25 anni.  “Ciao, scusami è un self service?” “Ma no signorina, ci penso io. Quanto vi metto?” “Fammi il pieno, grazie.”
Saro torna dentro per mettersi i guanti. Nell’uscire si ferma davanti allo specchio, aggiusta il ciuffo, si lecca pollice e indice per inumidire le sopracciglia.
La ragazza bionda è uscita di macchina. E’ bella come il mare di Vendicari e dai pantaloncini escono della gambe lunghe come quelle dei fenicotteri rosa nelle saline di Trapani. Si sta guardando attorno e clicca sul cellulare, lo alza, lo abbassa come per voler fare uscire qualcosa entrato per sbaglio. Saro la guarda e le avrebbe voluto dire che la linea a volte non c’è neanche sul telefono fisso. “Signorina stamattina credo ci sia un problema perché vedete ? “ mostrando il suo cellulare “non ho linea manco io.“ La ragazza intanto si è tuffata in macchina passando dal finestrino a cercare dei biscotti. Saro pensa che potrebbe chiudere la pompa e portarla a mangiare i cannoli a Canicattì con i canditi che sembrano mettere in bocca tutta la Sicilia col suo dolce e aspro. Poi avrebbero proseguito per la Scala dei Turchi a farle vedere  la pietra bianca come il suo viso che si specchia nell’azzurro del mare e infine si sarebbero potuti fermare a mangiare il cous cous ai frutti di mare e dormire in quell’albergo dalla cui finestra si vede la Valle dei Templi illuminata.
“Quant’è ?” la ragazza mostrandogli un invitante sorriso. “35 euro signorina.” le balbetta Saro. “E’ lontana da qui Porto Empedocle ?” le chiede con il viso girato verso la borsa alla ricerca del denaro. “un’oretta e mezzo signorina. Andate al  mare?” “L’idea sarebbe quella. E’ l’ultima tappa della mia gita in solitaria della Sicilia” Lo guarda negli occhi, Saro non regge lo sguardo,  prima abbassa poi rialza subito il viso. Entrambi  rimangono in silenzio; mentre gli porge le banconote la ragazza sfiora la mano di Saro che sente in quel momento il profumo delle zagare e dei fiori di pesco.
La ragazza gira la chiave, lo guarda ancora negli occhi e con la mano aperta lo saluta e va via.
Saro rimane fermo con la banconota tra il pollice e l’indice e la guarda finché la macchina non si perde nell’orizzonte.
Adesso ne era certo la Superstrada non sarebbe mai più passata dalla sua pompa di benzina.




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