From: “Pietro
Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
To “Sonia
Quadrini” sonqua@gmail.com
13.01.2015
23:08
Ciao Sonia.
Sai cosa? Pensavo che mi mancano le
nostre chiacchierate notturne.
Questo
pensavo, oltre al fatto che chissà come stai, chissà se ti importa come sto.
Ti ricordi
che giorno è oggi? Me lo ha ricordato un allarme impostato troppi mesi
fa.
Oggi è il
giorno in cui dovevamo andare a vedere per quei pensili in noce. Ti confesso
che, a parte tutto, non mi spiace che l'appuntamento col mobiliere tonto sia
saltato.
A parte tutto, certo. A parte tutto.
A parte tutto, certo. A parte tutto.
Tu come stai?
Io sto abbastanza bene. A parte tutto.
P. U.
From “Sonia
Quadrini” sonqua@gmail.com
To: “Pietro
Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
14.01.2015 07:08
Che
sorpresa! Non mi aspettavo che dopo aver mancato almeno un centinaio
di appuntamenti e avermi fatto aspettare sotto un numero imprecisato
di insegne in vicoli sconosciuti perché mai nessun posto era abbastanza
tranquillo per poter affrontare serenamente le questioni vitali cui mi
sottoponevi, avessi finalmente imparato a segnare gli appuntamenti che non
riguardassero solo te.
E' una gioia
sapere che il mobiliere avrebbe avuto la possibilità di
subire l'unico e vero processo di democratizzazione di questo mondo:
farsi giudicare e sentirsi dare del tonto da te.
No. non me lo
ricordavo che giorno sarebbe stato oggi. chissà magari tu hai comunque
usufruito di quell'appuntamento per i pensili di noce. Nel tuo
studio sarebbero stati bene. Chissà se hai mai finito di arredarlo.
E' per questo che mi hai scritto?
A parte tutto
mi fa piacere che ti manchino le nostre conversazioni notturne. pensavo
che le avessi sostituite, o che almeno avessi trovato un altro interlocutore.
Grazie, io
sto bene. No, non lo so come sto. Non sono riuscita a mettere da parte
niente, io. Ero solo convinta che almeno queste conversazioni sarebbero
rimaste in archivio e invece sono saltate di nuovo fuori tutte e
tutte insieme proprio dietro questo tuo ultimo. Non credo di aver voglia di
capire adesso come sto. Mi fa piacere sapere di te che stai bene. Mi vesto,
sono quasi in ritardo anche oggi.
S.
From: “Pietro
Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
To “Sonia
Quadrini” sonqua@gmail.com
14.01.2015 10:23
Ma no, ma no,
ma no. Cosa hai capito? Ti ho scritto per una specie di malintesa quotidianità.
Una specie di inerzia sonnolenta. Lo so che sono passati tanti mesi, ma mi
sembra ancora naturale sapere dove mettere il braccio sul bracciolo che ci
separa su un treno locale.
Perché poi,
ce lo siamo detti tante volte, il problema è che a vederli da fuori due amanti
sono sempre perfetti, ma da vicino ci sono tutti i difetti. Te li ricordi quei
ragazzini che avevamo di fronte sul treno per Arona? Come sembravano
inseparabili, invidiabili, incastonati, perfetti?
Ecco: quando
ci siamo trovati noi su quei sedili affiancati abbiamo capito che non
c'era una posizione, un nido. Non c'era soluzione, non c'era comodità. Allora
via, sei fuggita tu, sono scappato io. Verso dove non lo so, ma di certo via da
questo destino meno che perfetto.
Questo
volevo, ricadere nelle nostre irresistibili discussioni inutili. Forse volevo
questo.
P. U.
From “Sonia
Quadrini” sonqua@gmail.com
To: “Pietro
Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
14.01.2015 21:55
Ci avevo
sperato. Te lo confesso.
Hai sempre
questa assurda capacità di dire tutto e il contrario di tutto. Di raccontarmi
di volere una vita normale e poi subito smentirti dicendo quanto possa essere
bella la libertà da addentare da soli. Da un lato mi racconti il piacere di
desiderare vedermi nella tua cucina e subito dopo contare i luoghi dove andare
perché nessuno possa vederci insieme né possa rivolgerci la parola scambiandoci
per una coppia.
Questo
facevi. E questo fai. I mobili di noce e la perfezione degli amanti sono
discordanti nella narrazione seduttiva che mi imponi anche questa sera. Lo
so adesso.
E' che invece
nella confusione io ci avevo sperato. Pensavo ti stessi confondendo, non
che giocassi a confondermi.
Non dico che
tu l'abbia fatto intenzionalmente per farmi del male. Dico che avevi bisogno
che tenessi in piedi tutte le tue innumerevoli facce. E avevi bisogno di
qualcuno che ti rassicurasse sul fatto che tutte quelle facce appartengono a
una sola persona. Avevi bisogno di unità. Un’unità che non ti apparteneva.
T'avrei
tenuto stretto anche con la debolezza di tutti quegli angoli bui che nascondi
dietro la tua inerzia. Proprio quell'inerzia che adesso mi sembra un insulto
grossolano alla mia presenza e al pensiero affettuoso che pur avevi avuto. So
che durante la tua prossima assenza avrò tutto il tempo per potermene
dimenticare o anche solo distrarre. Io dal canto mio, mi
sono aggrappata al pensiero di poterla costruire quella comodità che
invidiavamo in modo ostinato. Avrei voluto con tutte le mie forze. Sì, con
tutte le mie poche forze! Non mi importava. Avrei rinunciato a tutte le carezze
pur di sopportare ancora e ancora di poterci sedere finalmente liberi di
sembrare anche noi ragazzini e incastonati.
Avrei sopportato
l'invadenza di migliaia di gomiti che avrebbero invaso i braccioli che
dividono quei maledettissimi sedili di seconda classe pur di venirmi a prendere
ogni fine settimana i baci che mi spettavano ma, purtroppo era evidente che a
te il condizionale piaceva troppo. Erano le promesse a piacerti più delle verità
mantenute.
S.
To “Sonia
Quadrini” sonqua@gmail.com
1501.2015 01:28
Non so perché
mi sia venuto di scriverti.
Forse per
sentirmi dire queste cose, per fare pace con le mie fughe e le mie promesse.
Non certo per riavvicinarmi o giudicare le tue.
Ma so che
quello che ci ha legato non era una cosa sottile. I fili di cotone se si
rompono li puoi riannodare. Le funi invece no, penso proprio di no. Scusa, ci
ricasco sempre nelle mie frasi a effetto.
E’ stato un
errore romperti ancora le scatole. Non so come mi sia venuto.
Perdonami. E
stammi bene
Piero
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