sabato 28 febbraio 2015

CINQUE E-MAIL FUORI TEMPO di Simone Magnani e Benedetta Torchia

From: “Pietro Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
To “Sonia Quadrini” sonqua@gmail.com
13.01.2015 23:08

Ciao Sonia. Sai cosa?  Pensavo che mi mancano le nostre chiacchierate notturne.
Questo pensavo, oltre al fatto che chissà come stai, chissà se ti importa come sto.
Ti ricordi che giorno è oggi? Me lo ha ricordato un allarme impostato troppi mesi fa. 
Oggi è il giorno in cui dovevamo andare a vedere per quei pensili in noce. Ti confesso che, a parte tutto, non mi spiace che l'appuntamento col mobiliere tonto sia saltato.
A parte tutto, certo. A parte tutto.
Tu come stai? Io sto abbastanza bene. A parte tutto.

P. U.

From “Sonia Quadrini” sonqua@gmail.com
To: “Pietro Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
14.01.2015 07:08

 Che sorpresa! Non mi aspettavo che dopo aver mancato almeno un centinaio di appuntamenti e avermi fatto aspettare sotto un numero imprecisato di insegne in vicoli sconosciuti perché mai nessun posto era abbastanza tranquillo per poter affrontare serenamente le questioni vitali cui mi sottoponevi, avessi finalmente imparato a segnare gli appuntamenti che non riguardassero solo te.
E' una gioia sapere che il mobiliere avrebbe avuto la possibilità di subire l'unico e vero processo di democratizzazione di questo mondo: farsi giudicare e sentirsi dare del tonto da te. 
No. non me lo ricordavo che giorno sarebbe stato oggi. chissà magari tu hai comunque usufruito di quell'appuntamento per i pensili di noce. Nel tuo studio sarebbero stati bene. Chissà se hai mai finito di arredarlo. E' per questo che mi hai scritto?
A parte tutto mi fa piacere che ti manchino le nostre conversazioni notturne. pensavo che le avessi sostituite, o che almeno avessi trovato un altro interlocutore.
Grazie, io sto bene. No, non lo so come sto. Non sono riuscita a mettere da parte niente, io. Ero solo convinta che almeno queste conversazioni sarebbero rimaste in archivio e invece sono saltate di nuovo fuori tutte e tutte insieme proprio dietro questo tuo ultimo. Non credo di aver voglia di capire adesso come sto. Mi fa piacere sapere di te che stai bene. Mi vesto, sono quasi in ritardo anche oggi.

S.  

From: “Pietro Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
To “Sonia Quadrini” sonqua@gmail.com
14.01.2015 10:23

Ma no, ma no, ma no. Cosa hai capito? Ti ho scritto per una specie di malintesa quotidianità. Una specie di inerzia sonnolenta. Lo so che sono passati tanti mesi, ma mi sembra ancora naturale sapere dove mettere il braccio sul bracciolo che ci separa su un treno locale.
Perché poi, ce lo siamo detti tante volte, il problema è che a vederli da fuori due amanti sono sempre perfetti, ma da vicino ci sono tutti i difetti. Te li ricordi quei ragazzini che avevamo di fronte sul treno per Arona? Come sembravano inseparabili, invidiabili, incastonati, perfetti?
Ecco: quando ci siamo trovati noi su  quei sedili affiancati abbiamo capito che non c'era una posizione, un nido. Non c'era soluzione, non c'era comodità. Allora via, sei fuggita tu, sono scappato io. Verso dove non lo so, ma di certo via da questo destino meno che perfetto.
Questo volevo, ricadere nelle nostre irresistibili discussioni inutili. Forse volevo questo.

P. U.

From “Sonia Quadrini” sonqua@gmail.com
To: “Pietro Urbano Troppolini” purtroppo@gmail.com
14.01.2015 21:55

Ci avevo sperato. Te lo confesso.
Hai sempre questa assurda capacità di dire tutto e il contrario di tutto. Di raccontarmi di volere una vita normale e poi subito smentirti dicendo quanto possa essere bella la libertà da addentare da soli. Da un lato mi racconti il piacere di desiderare vedermi nella tua cucina e subito dopo contare i luoghi dove andare perché nessuno possa vederci insieme né possa rivolgerci la parola scambiandoci per una coppia.
Questo facevi. E questo fai. I mobili di noce e la perfezione degli amanti sono discordanti nella narrazione seduttiva che mi imponi anche questa sera. Lo so adesso.
E' che invece nella confusione io ci avevo sperato.  Pensavo ti stessi confondendo, non che giocassi a confondermi.
Non dico che tu l'abbia fatto intenzionalmente per farmi del male. Dico che avevi bisogno che tenessi in piedi tutte le tue innumerevoli facce. E avevi bisogno di qualcuno che ti rassicurasse sul fatto che tutte quelle facce appartengono a una sola persona. Avevi bisogno di unità. Un’unità che non ti apparteneva.
T'avrei tenuto stretto anche con la debolezza di tutti quegli angoli bui che nascondi dietro la tua inerzia. Proprio quell'inerzia che adesso mi sembra un insulto grossolano alla mia presenza e al pensiero affettuoso che pur avevi avuto. So che durante la tua prossima assenza avrò tutto il tempo per potermene dimenticare o anche solo distrarre. Io dal canto mio, mi sono aggrappata al pensiero di poterla costruire quella comodità che invidiavamo in modo ostinato. Avrei voluto con tutte le mie forze. Sì, con tutte le mie poche forze! Non mi importava. Avrei rinunciato a tutte le carezze pur di sopportare ancora e ancora di poterci sedere finalmente liberi di sembrare anche noi ragazzini e incastonati.
Avrei sopportato l'invadenza di migliaia di gomiti che avrebbero invaso i braccioli che dividono quei maledettissimi sedili di seconda classe pur di venirmi a prendere ogni fine settimana i baci che mi spettavano ma, purtroppo era evidente che a te il condizionale piaceva troppo. Erano le promesse a piacerti più delle verità mantenute.

S.

To “Sonia Quadrini” sonqua@gmail.com
1501.2015 01:28

Non so perché mi sia venuto di scriverti.
Forse per sentirmi dire queste cose, per fare pace con le mie fughe e le mie promesse. Non certo per riavvicinarmi o giudicare le tue.
Ma so che quello che ci ha legato non era una cosa sottile. I fili di cotone se si rompono li puoi riannodare. Le funi invece no, penso proprio di no. Scusa, ci ricasco sempre nelle mie frasi a effetto.
E’ stato un errore romperti ancora le scatole. Non so come mi sia venuto.
Perdonami. E stammi bene

Piero


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