sabato 28 febbraio 2015

CENERANTOLA di Francesco Mancini

 C'era una volta una ragazza di periferia, di nome Lamberta. Voleva far la modella. Il nome non l'aiutava, d'accordo, ma nemmeno il resto: bassa, grassa, nera nera, piena di complessi, depressa, autostima sotto ai tacchi. E anche quando provava a diventare anoressica come le sue donne da sogno non mangiando quasi niente per settimane, riusciva  a ingrassare lo stesso. Aveva anche un po' di baffi che non riusciva a rimuovere nemmeno coi petardi.
Sarebbe andata volentieri in analisi o da uno straccio di terapeuta di qualche sorta per stare meglio, ma -quando si dice una fortunella- era povera come un pidocchio.

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Lamberta però, un bel giorno, in un' impeto d'euforia della sua depressione bipolare, acquistò libri d'esoterismi e magie e oscure arti (in edizione economica) nella biblioteca "Razzi e Mazzi" del centro storico della sua città: se il destino l'aveva resa un brutto anatroccolo, ci avrebbe pensato da se a trasformarsi in cigno, con la magia: bianca o nera o turchina che fosse, costasse quel che doveva costare. Uno provò a rubarlo, di libri, ma fu beccata subito e ramanzinata. Il negoziante la voleva denunciare, ma il poliziotto accorso fece notare ai presenti che la natura si era accanita sulla sventurata già abbondantemente. Gli astanti annuirono tutti assieme, per poi ridere come dei pazzi. Lamberta era livida.
Ben presto si trovò ogni notte a studiare avidamente la magia, anche se leggendo alla luce del lampione fuori dalla sua finestra per risparmiare, finì per perdere pure diversi decimi di vista (una delle poche cose buone che aveva). Ora sfoggiava anche due occhiali da nonnina un po' storti trovati sull'autobus. Bene, pensò, fa molto Harry Potter. Tanto, a quel punto, giusto un miracolo ci voleva.

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Finalmente giunse il giorno dell'azione: con tanto di vesti nere e bacchette rimediate da mestoli rotti, tra chiari di luna, chiare d'uovo e viscere di bestie da fogna, provò ad evocare il principe delle tenebre. Gli avrebbe chiesto seduta stante di diventare alta, bionda, magrissima e con un'aria irresistibilmente trendy. E bella, ma proprio bella. E se il sulfureo caprone gli avesse porto la sudicia pergamena per stipulare il classico patto non avrebbe esitato un momento: dell'anima Lamberta non sapeva che farne. Non sapeva nemmeno se ce l'aveva.
E allora: pentagramma, candele, formule. Avrebbe dovuto scrivere le formule su della pergamena vergine, ma tutto quello che riuscì a rimediare fu una decina di A4  rubati alla copisteria all'angolo. Sperò che l'oscuro signore apprezzasse il gesto. Gli sacrificò anche il suo pesce rosso, che trafisse con uno stecchino da denti.
Ma non solo non si presentò l'oscuro signore, non arrivò neppure il garzone del sottocuoco (delle tenebre).

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E intanto la poverina soffriva, la povera Lambertina. Che faceva tutto il giorno? Lavava e stirava e ramazzava, poverina (non troppo, a dire il vero, perché stava in un buco di monolocale e aveva un maglione, due camicette, due paia di jeans e qualche shirt nelle quali ormai rischiava di esploderci dentro tipo l'incredibile Hulk. Lo poteva indossare, il suo monolocale). Guardava ogni programma televisivo che poteva regalarle uno scorcio di immagine delle sue dee in passerella e poi provava a imitarle nei suoi quattro metri quadri di cucina, dando più che altro l'impressione di una trottola. E piangeva, piangeva, perché si guardava nello specchio e si rendeva  conto dolorosamente che nessuno stilista avrebbe messo su di lei nemmeno il copertone di una ruota di camion.
E piangeva, piangeva, Lamberta. E per anestetizzarsi si riempiva di sambuca e si di fumo a buon mercato (tagliato tale che si poteva usare come lucido da scarpe). E in pieno delirio masochistico da autostima a -30, si faceva delle gran sbafate di dolci (a buon mercato). Grassi animali, vegetali, minerali, colorati, idrogenati, ossigenati, transgenici, traslucidi: i grassi che si mangiava Lamberta li potevi mandare a battere sui viali.
Per Lamberta solo torte (a buon mercato), mai tortini come le top-models.

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Ma nel frattempo, sfruttando le ondate euforico-energetiche della sua bipolare, continuava disperatamente con le evocazioni, le annunciazioni, le "Oh,


 meditazioni, con tanto di training autogeno e pensiero creativo-costruttivo. Ripeteva 300 volte al giorno la seguente frase: "Io sono magra. Io sono bella. Io farò la modella."
Poi giù a divorar torte.

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Una sera, per il Calendimaggio, Lamberta si preparò per l'ennesimo rito magico. Si mise il kimono di sua nonna (strana, sua nonna) accese gli incensi, le candele. Preparò un pentagramma col sangue di un pollo del supermercato già quasi del tutto coagulato. Un pentagrammino, diciamo.
Si stava accingendo a pronunciare le formule, quando ebbe un mancamento. Un' esitazione. Gli venne la chiara sensazione che tutto quello che stava facendo non sarebbe mai servito a nulla. Era inutile insistere. Le vennero di nuovo le lacrime agli occhi.
Pensò: la faccio finita, mi ammazzo. Vuoto il conto corrente per comprare gli ingredienti, poi preparo una torta di settanta chili e me la caccio tutta in gola. Corse fuori, in un oretta aveva tutti i mezzi che le servivano. Ma quando stava montando in una zuppiera enorme 750 uova in un allegro schizzar di chiare e tuorli, la poltiglia sotto al suo naso si mosse, si gonfiò, si agitò, poi prese la forma di un volto enorme di una anziana signora, che aprì una sorta di bocca tremolante e disse: "Salve! Sono la Fata Albumina!"
Lamberta restò a fissare la zuppiera immobile. Pensò: con cosa me l'hanno tagliato il fumo stavolta? Con l'antigelo?
La facciona si agitò ancora e disse: "Ciao cara, io sono la Fata Albumina, uno spirito ausiliario ad uso e consumo di casalinghe frustrate e giovani depresse. Ti diletti in evocazioni, vero?"
"S...si, a volte..." balbettò Lamberta.
"A volte sti mazzi, carina, le sfere astrali sono vessate ogni sera dalle tue richieste disperate. Così hanno mandato me."
"Scusate se ho insistito..."
"Prima regola: mai insistere troppo. Si rischia di rompere le sfere..."
"Il fatto è che sono disperata, Fata Albumina! Io ho sempre sognato di fare la modella, è sempre stata la mia ossessione, la mia ragione di vita... ma come vede...."
"Vedo, cara. Sei nella situazione di Danny De Vito se desiderasse diventare un campione di basket."
"Esattamente."
"Ma tu conosci la magia giusto?"
"Ci sto provando..."
"E per un mago nulla è impossibile!"
lo spero proprio!"
"Se si attiene alle regole..."
"Oh, lo farò, Fata Albumina!"
"Allora prendi intanto queste."
La Fata Albumina protese una sorta di braccio bianchiccio alla crema di mascarpone e porse a Lamberta tre fagottini.
"Queste sono le pozioni magiche in polvere da prendere..." proseguì, "Abbiamo la Spilunghina Danese per farti diventare alta, bionda, con gli occhi azzurri. Abbiamo la Sirenaria Chiappesca per farti diventare intrigante e fascinosa. Abbiamo l'Anfetamina di Nonna Gina per farti diventare magra come un'acciuga. Le prendi tutte subito e vediamo che succede. Avanti, ingolla."
Lamberta trangugiò tutto in quattro secondi netti. Una nuvola rosa avviluppò il suo corpo e in un "puff" lento e appiccicoso divenne una donna bellissima: bionda, occhi azzurri, fascinosa, trenta chili di peso stirati su un metro e ottanta d'altezza.
Lamberta si intravide nello specchio del bagno alla sua destra e cacciò un urlo. Poi per la gioia cominciò a saltare ululando come un coyote. Volle abbracciare la Fata Albumina e si tuffò nelle uova montate.
"Stai al tuo posto cara. Per favore. Contegno." echeggiò la voce della fata nell'aria.
Lamberta si riprese, e mentre si asciugava tremando, disse: "Carissima Fata Albumina! Non so come ringraziarti! Farò tutto quello che vuoi! Vuoi la mia anima?"
"E che me ne faccio? No no, cara, io sono pagata dall'Ente Assistenziale Astrale, niente compensi. Un servizio nuovo. Siamo pari. Piuttosto, ricordati di seguire attentamente le istruzioni:  prendi le polveri -che ti lascio sul tavolo- una volta al giorno e solo una volta al giorno, la mattina.
E a mezzanotte ovunque tu sia vedi di telare, perché l'effetto scompare e torni il cess... quella che eri prima. Tutto chiaro?"
"Si, carissima fata. L'ho già sentita questa di una che a mezzanotte doveva telare..."
 "Per quello che paghi volevi pure una storia originale?"
"Giusto, cara fata."
"Ora devo andare. Una giovane demente magra come un chiodo che sta nel palazzo accanto sta facendo di tutto per diventare popputa e col culo a mandolino per diventare escort d'alto bordo e scrivere poi un libro di memorie per andare ai talk-show. Non siete mai contente."
"Che vuoi fare..."
"Cerca di divertirti e non esagerare. Verrò a vederti a qualche sfilata.... addio."
"Grazie, grazie, grazie! Cara Fata Albumina ti sarò sempre debitrice!"
"Fai la brava!"
"Ma la zucca che si trasforma in suv non me la dai?" chiese Lamberta.
"Certe zucche non hanno speranza! E trovati un nome d'arte!" la voce era diventata un'eco distante.
"Si!"
La fata scomparve creando un piccolo gorgo nelle uova montate.
Lamberta che prese il nome d'arte di Yasmine, saltò ululando nel suo monolocale per altri abbondanti quaranta minuti, poi stramazzò al suolo.
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La mattina seguente Yasmine si recò in una agenzia per modelle, la presero immediatamente e la settimana dopo già sfacchinava le passerelle.
Dopo Milano fu Parigi, poi Londra, poi New York. I giornali cominciarono ad accorgersi di lei, e i rotocalchi, e le trasmissioni di gossip.
Ville, piscine, toga-party, storie con i maschiotti più appetibili del jet-set, tre matrimoni con (nell'ordine): un costruttore, un calciatore, un finanziere. Lamberta la sfigata era diventata Yasmine la pantera bionda. "Che prima ti acchiappa, poi ti sfronda" (dichiarava lo slogan della sua linea di oli essenziali).
Ma: c'era l'invidia delle altre modelle. C'era il livore degli ex sedotti e sotterrati. Un nutrito gruppo insomma che provava per lei sentimenti non proprio nobili. Inoltre, qualcuno degli ex aveva cominciato a raccontare in giro che la ragazza aveva delle abitiudini strane, il calciatore dichiarò ai rotocalchi: Yasmine? Sesso da manicomio, ma fino alle 11, 11.30 al massimo. Poi scappa e se ne va a dormire chissà dove. Sui contratti poi era scritto a lettere di fuoco (in gotico antico): Yasmine può sfilare al massimo fino alle undici di sera, non oltre. E se il fascino del mistero ipnotizzava gli uomini, le donne mica tanto. Qualcuna di loro che aveva letto le fiabe cominciò a sentire odore d'abbacchio arrosto, e con la collaborazione del gruppo livoroso di cui sopra, fu raccolta una colletta e fu ingaggiato un investigatore privato, il quale spulciò la vita, morte e miracoli di Yasmine la pantera bionda, fino a carpirne il terribile segreto.
E una sera di una sfilata importante, a Parigi, fu ordito il crudel complotto.
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Parigi. Yasmine arriva nei camerini con il mento alzato oltre la ionosfera. Assistenti, truccatrici, allenatrici, stilisti financo, li tratta tutti come pezze da piedi. Tira il mazzo di fiori di un ammiratore in faccia al fattorino. Così. Strepita, si lamenta, fa le boccacce. Poi si concede ai preparativi, ma di malavoglia. E continua a lamentarsi delle luci, dei materiali, della stampa, dell'anno bisestile.
Beve un bicchiere d'acqua. Non sa che in quell'acqua è stato messo un sedativo da un'assistente corrotta. Cosa che tale assistente avrebbe fatto anche gratis. "Posso metterci un po' di stricnina, anche..." aveva dichiarato. Fatto sta che mentre la truccano, Yasmine s'addormenta di colpo.
Tutto il personale corrotto la chiude nel camerino, mette un cartello alla porta: "non aprire, camerino fuori uso". Intanto vengono informati gli organizzatori della sfilata che Yasmine ha fatto un altro capriccio, è fuggita via facendo sapere che non parteciperà.
La sfilata comincia comunque, le modelle sfrecciano la passerella come tigri, il bel mondo applaude con giubilo. Poco prima della mezzanotte, l'assistente corrotta apre il camerino, sveglia Yasmine dicendole: "Signora Yasmine! S'è assopita? Tocca a lei, avanti!" Yasmine trasale,  guarda l'orologio del camerino che segna le 10.55 (tutti gli orologi dei camerini sono stati spostati di un'ora indietro).
Bé, facciamo alla svelta!" gracchia Yasmine spingendo l'assistente al muro e uscendo a gran passi. Le assistenti (ghignando) la ritoccano, le infilano l'abito velocemente, traccheggiano per farle perdere un altro po' di tempo, poi al momento giusto la spingono in passerella. Esattamente alle 00:00. Yasmine viene accolta da un applauso fragoroso. Fa appena in tempo a fare metà passerella, poi si ferma di colpo. Qualcosa nel suo corpo comincia a ribaltarsi
Yasmine conosce benissimo quella sensazione: sta per tornare a essere Lamberta la sfigata. Non è possibile, pensa, manca ancora un'ora! Guarda disperatamente attorno a se, è assediata da una marea di volti attoniti che la fissano senza capire. C'è un grosso timer nella sala, che segna le ore 00:03, Yasmine vedendolo si rende conto di essere stata raggirata. Sulle prime pensa di tornare indietro velocemente prima che tutti si accorgono, ma è tardi. Lo capisce dal clamore che si sta levando dalla sala, dal gelo che le accappona la pelle, dal fatto che a testa china, guardandosi le gambe, non vede più due trampoli slanciati ma due cotechini. La folla rumoreggia sempre di più, Lamberta è colta da capogiri, panico, mancamento, si accascia. La vergogna la fa muovere, prova ad andarsene ma il vestito è diventato una specie di fasciatura strettissima tipo camicia di forza. Ora sta strisciando, arrancando, sbavando, qualcuno dalla sala prorompe in una grassa risata. Molti lo imitano. Yasmine-Lamberta arranca, ma è lenta, quasi non respira, guarda allucinata l'uscita davanti a se, ha l'impulso di fiondarcisi in qualche modo per imbucarla, ma -come se le avessero letto nel pensiero- uno stuolo di modelle e di assistenti si premurano di coprirla posizionandosi come una barriera, i volti come maschere. Le risate del pubblico si mescolano a commenti prima lievemente ironici, poi marcatamente cinici, poi decisamente terribili. Qualcuno la vuol toccare, ma con un bastone. Qualcuno propone di farne sapone da vendere per la marca di cui è testimonial. Qualcuno suggerisce di rotolarla, che così fa prima a sgombrare la passerella, che se resta ancora lì rischia di disgustare i presenti per sempre. Tre giovanotti ridenti saltano su e la rotolano via come fosse un tappeto maleodorante che rigurgita budella nere, tra gli applausi, i fischi e le male parole. Più delle luci, brillano gli occhi di modelle e assistenti.
Di Yasmine la modella resta solo una sottile scia umida sulla passerella, come dopo il passaggio di una grossa lumaca.


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