domenica 12 ottobre 2014

L'UOMO CHE ABBAIA di Francesco Barilli

In genere spettacoli di questo tipo si rivelano sempre essere una fregatura: la donna pesce, l’uomo scimmia, il bambino piovra. Baracconate da freak show che potevano andare bene sulle riviste a fumetti anni ’50, dove nella pagina centrale trovavi le “autentiche foto dell’alieno” e che all’edicola venivano vendute assieme a bustine contenenti “veri frammenti del Pianeta Marte”.  Decine e decine di persone si assiepavano ancora davanti alla biglietteria; il teatro era già quasi tutto pieno. Molti di loro sarebbero tornati a bocca asciutta, magari con un buono per lo spettacolo del giorno successivo. C’è da crederci che sarebbero tornati. Questo e altro per l’incredibile “Uomo che abbaia”.
L’impresario all’inizio aveva considerato l’esibizione alla stregua di uno scherzo. Il numero di un comico dotato che prima inizia a far crescere una trepidante attesa con lunghi e faticosi preparativi e poi se ne esce con il suo bau bau per far divertire i bambini. Invece si era trattato di molto più di questo. Quello di Mattew non era un prodigio da scherzo di natura, ma una vera e propria abilità, sviluppata dopo mesi di esercizio.
L’ultimo ragazzino si affrettò a raggiungere il resto del pubblico con il tagliando del biglietto in mano, appena strappato. Lo spettacolo iniziava alle nove in punto. Sarebbe stata l’ultima settimana di spettacolo nel teatro di quartiere, dalla successiva si passava in centro, al Grant Theatre, il più prestigioso di Malcom Avenue. Poi chissà, sarebbe toccato a tour europei, la televisione, Broadway. Mattew aveva già pronta la battuta d’ingresso per l’ospitata a uno show come, che so, il Late Night di David Letterman. L’ospite dopo la Top Ten è il fenomenale Mattew Lane, l’Uomo che abbaia.

“Come va, Mat?”
“Beh Dave, che vuoi che ti dica… non sarò certo il primo attore cane che ti capita in studio.”
E giù uno scroscio di  risate, con i musicisti dal vivo che sottolineano con un tocco di fiati la battuta destinata a entrare nelle antologie della tv.

E dire che era andata proprio così. Mattew aveva provato a fare l’attore. Foto, provini, qualche piccola parte. Ma non aveva trovato nessun agente disposto a rappresentarlo. Troppo comune, troppo poco speciale. Mancava quel certo non so che cattura la cinepresa, che s’impone davanti al pubblico. Di personalità ne aveva da vendere, di talento sicuramente anche. Mancava a Mat una specialità, qualcosa che lo rendesse unico di fronte agli occhi della gente. Non era tipo da smorfie comiche, non era capace di fare il clown o di agitare in aria i birilli. Ingoiare spade neanche a parlarne, la sua imitazione di Jerry Lewis era pari a quella di molti altri bambini della sua strada. Certo, se messo alla prova sarebbe stato capace di un intenso pianto di Agamennone davanti alle mura di Troia. Ma chi diventa famoso grazie alla tragedia, a parte qualche conduttore di telegiornale?

Un pomeriggio, quasi per caso, giocando con il cane della sua amica Libby, gli uscì dalla gola il verso del cane. Non la solita voce umana che imita gli animali, ma proprio un vero, autentico, abbaiare del cane. Eccitato per la sua improvvisa abilità, aveva tormentato la sua fidanzata e poi la sua mamma con prove e prove di guaiti che si erano ripetuti per ore, senza alcun risultato. Martha, la fidanzata, lo aveva applaudito esausta, solo per farlo smettere, ma lui sapeva di poter fare di meglio. Solo dopo giorni e giorni, pomeriggi lunghi e faticosi passati in garage a esercitarsi, il suo verso uscì animalesco e canino come lui voleva.
Mattew abbaiò, sempre più forte, disperatamente, finché la sua vicina di casa e amica Libby non era entrata in garage, cercando il suo cane.
“Milo sei qui? Tesoro?.. Oh, Santo Cielo!"
Mattew schiumava come un cane ma sorrideva, felice.
Alcune settimane dopo un agente accettò di rappresentarlo, procurandogli un autore e un teatro per la sua esibizione.
“Ci vuole qualcuno che scriva uno spettacolo vero e proprio, capisci? In fondo la gente paga dodici testoni, ci vuole l’intrattenimento di almeno un’ora." Mattew annuiva, ma dentro di sé sapeva che non erano le musichette, le gag o le ballerine che la gente voleva. La gente lo voleva sentire abbaiare. Questo la rendeva felice. Era così … speciale e liberatorio. 
Quella sera ne aveva di nuovo la conferma.
Il bambino si mise a sedere in prima fila, e subito si unì al coro degli spettatori: “Abbaia! Abbaia! Abbaia!” Partì il video, con le immagini di cani di varie razze ed età che abbaiano alla telecamera, poi un lungo piano sequenza sul cane Lassie, quindi il video si interrompeva. Un occhio di bue illuminò Mattew che faceva il suo ingresso in scena.

La notte prima aveva avuto un brutto incubo: la parte in un film che aveva a lungo aspettato era finalmente arrivata. Si trovava sul set accanto a quell’attore di nessun talento che il pubblico idolatrava. La sua fidanzata, quella sciatrice, era uno schianto e si era seduta accanto a loro. Sorrideva a Mattew: lui le piaceva.
“Stai attento alle pulci” aveva detto l’attore mezza calzetta. Mattew a quel punto non ci aveva visto più e gli era saltato alla gola, azzannandolo.  Era soltanto un incubo, non stava tramutandosi davvero in un cane, e dopotutto al vecchio Gregor Samsa era andata peggio: a lui era toccato uno scarafaggio.

No, niente incubi: quello che lo aspettava era il sogno  che era precluso a molti. Spettacoli, tournée, televisione. Un film per la Disney, una serie, magari, e poi da vecchio qualche spot di cibo per cani per mettere la pensione. Ma soprattutto, la felicità di fare felici tante persone. Era per quello che lui lo faceva, no? Era quello che la gente voleva.
Il fascio di luce lo illuminò: era arrivato il suo momento.
“Abbaia! Abbaia! Abbaia!”

Nessun commento:

Posta un commento