domenica 12 ottobre 2014

LA VOLTA CHE L'ARTILLERO di Gabriele Giustri

Lo stadio  Comunale Artemio Franchi è sempre stato il miglior terreno di calcio al mondo. Non si scherza su questo: Pavel Nedved una volta, dopo aver segnato un goal alla Fiorentina (tanto per cambiare) disse: “non potevo fare che un bel goal, con un campo così … era perfetto!"
Non si ha memoria, a parte un Fiorentina Ascoli degli anni ’80, che sia stata rinviata una partita per maltempo.
Nei pressi del Berta, così si chiamava lo stadio negli anni ’30, al Campo di Marte c’erano ancora i campi liberi dove i ragazzini di ogni età giocavano sfide he non avevano niente da invidiare, per agonismo, alle miche sfide di serie A tra Bologna e Genoa, tanto che a volte, soprattutto la domenica, c’era un nutrito numero di “esperti di calcio” a vederle, tempo permettendo. Sì, tempo permettendo, perché se pioveva arrivavano le mamme furiose ce acchiappando i figli per le orecchie “fischiavano” la fine delle ostilità con frasi tipo “vieni a casa che ti prendi un malanno ...”
Filippo prendeva la bici del babbo e partiva, destinazione: Campo di Marte. Era il capitano  dei Tigrotti, la sua squadra, e poi era l’unico che aveva il pallone di cuoio, regalo della Befana della Ferrovie.
Quell’anno Filinpo era proprio contento della “banda”, in porta poi c’era no che sembrava Combi!!! Fatto sta che una domenica  i Tigrotti furono sfidati dai rivali di sempre: “La Fulminante”, composta da figli di gente del Partito.
Un derby sarebbe stato meno sentito di una partita contro “La Fulminante”. Per Filippo battere quei “federa lini” era una soddisfazione che non si sarebbe perso per nulla al mondo. Il campionato di Serie A, quello vero, osservava un turno di riposo e quindi c’era tanta gente ad aspettare l’inizio della sfida ma…. Dramma! Il fratellino di Nardoni , l’uomo gol dei Tigrotti, trafelato informò Filippo che suo fratello era a letto con la febbre. Tutti si sentirono perduti. Senza i’Narda non ce l’avrebbero fatta e perdere sarebbe stato un rospo troppo grosso da mandare giù. Disperato Filippo si avvicinò i bordi del campo e cominciò a gridare: c’è nessuno che vuole giocare? Ci manca un uomo!”
Quelli della “Fulminante” già se la ridevano quando, da dietro un gruppetto di persone, venne fuori un tipo alto e robusto con un bellissimo abito chiaro e con i capelli nerissimi tutti imbrillantinati, che disse in un italiano stentato “… io gioca!”
Filippo si mise a ridere; quel damerino con le scarpe di vernice non ce lo vedeva proprio.
“Io fa goal”- aggiunse quello.
“Va bene, “Brillantina, vediamo!” disse Filippo.

Dopo poco la partita ebbe inizio e fu subito vivacissima con Filippo che cercava di servire Michelozzi, l’altra punta, che però marcato strettissimo non riusciva a intercettare neanche un pallone. La situazione la sbloccarono gli avversari, che in due minuti fecero due gol. Per i Tigrotti lo spettro della sconfitta si avvicinava sempre più velocemente, quando a un certo punto il tipo sconosciuto si avvicinò a Filippo e disse: “Tu passa la bala?”
Filippo fintò un passaggio e invece servì proprio il damerino che lasciò partire un tiro che da quelle parti non lo avevano mai visto! Piegò addirittura le mani del portiere avversario. Alla fine della partita, Brillantina aveva segnato quattro goal praticamente da fermo. Prendendosi gli applausi di tutti, avversari compresi. Ma chi era quel tipo che parlava strano e aveva un cannone al posto del piede?
“Como te chiama” chiese Brillantina.
“Filippo. E tu?”
“Pedro!”
“Bene, Pedro Brillantina, ci vediamo in giro!” E si strinsero la mano.
Tornando a casa Filippo pensava a come sarebbe stato bello essere un calciatore, di quelli veri, di quelli che vincono gli scudetti, che giocano negli stadi veri come il Berta, il nuovo stadio di Firenze: lui allo stadio non c’era mai stato. Qualche giorno dopo si presentò a casa di Filippo un fattorino, portando un pacco proveniente dall’A.C. Fiorentina. Filippo non credeva ai suoi occhi, aprì il pacco e dentro: prodigio! Conteneva un pallone di cuoio, di quelli veri, di quelli di serie A con tutte le firme dei giocatori della Fiorentina. Filippo, ripresosi dallo stupore, si accorse che nel pacco c’erano anche una foto e una lettera con la  carta intestata della Fiorentina: “la Signoria Vostra” diceva “è invitata ad assistere all’incontro di calcio Fiorentina Triestina, valevole per il campionato di Divisione Nazionale Serie A. Sempre più incredulo, Filippo guardò bene la foto: era lui, era Brillantina! Sotto la foto c’era scritto: A Filippo, con simpatia, il tuo compagno di squadra Pedro “Brillantina” Petrone.” Pazzesco, Petrone: il centro attacco dell’Uruguay campione del mondo nel 30, acquistato quell’anno dalla Fiorentina aveva giocato con lui, nei Tigrotti!I giornali scrivevano tanto di lui, che aveva i ginocchi scassati, che non colpiva mai di testa per non scompigliarsi i capelli, ma quando lo videro fare i primi goal scrissero anche “i cipressi di Fiesole s’inchinano ai goal dell’Artillero”.
La domenica Filippo presentò la lettera ai bigliettai del Berta, che lo accompagnarono addirittura a bordo campo. Filippo era eccitatissimo. Il campo era perfetto, niente buche, niente zolle, niente dossi, era perfetto!!! L’erba sembrava tagliata con il rasoio. Filippo immaginò centinaia di barbieri chini sul terreno con pettine e forbici che facevano la barba al campo!
I suoi pensieri tornarono subito alla realtà perché le squadre entrarono in campo.
Lo vide subito, la maglia viola gli calzava a pennello e in testa aveva una retina per i capelli in modo che non gli si scompigliasse la perfetta pettinatura. Filippo lo chiamò: “Pedro! Brillantina!”Il campione si voltò e salutò Filippo. La partita fu molto bella, la Fiorentina vinse e Pedro segnò un bellissimo goal: non festeggiò con i compagni ma andò ad abbracciare proprio Filippo. Che giornata per Filippo, che giornata! Di quelle che si stampano a fuoco per la vita. Un bacio, la carezza , l’amore.. ma anche una semplice partita di calcio, giocata così, con leggerezza, in un campaccio polveroso con le buche e poca erba, possono restare per sempre. Petrone e Filippo non giocarono mai più insieme, anche se spesso l’”Artillero”, così i giornali dell’epoca avevano soprannominato il campione uruguagio, andava a vedere Filippo giocare a calcio nei campacci impervi. Poi un giorno Petrone tornò nel suo paese, salutando l’Italia e Firenze per sempre. Pedro e Filippo rimasero in contatto con delle lettere fino allo scoppio della guerra. Oggi di qui giorni resta poco, Pedro e Filippo non ci sono più: uno è sepolto nel cimitero monumentale di Montevideo, l’altro non è più tornato dalla Valle del Don. Il Berta ora si chiama Artemio Franchi e al posto dei campaci delle sfide epiche ci sono dei palazzi. Ma se guardate bene le foto in bianco e nero dello stadio di quegli anni e se le controllate con quelle di oggi, vedrete che qualcosa è sempre uguale.

Quei “cipressi di Fiesole” che si inchinarono ai goal dell’Artillero sono ancora lì; e se li osservate attentamente non hanno ancora rialzato la testa.

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